Milano 12 Ottobre – Dopo la strage di Suruc alla fine di Luglio, Erdogan continua, appoggiato dai suoi alleati dell’Isis, a cercare la vittoria alle prossime elezioni del primo Novembre, utilizzando la strategia della tensione. Nella mattinata di sabato scorso, durante una manifestazione per le strade di Ankara, due terroristi si sono fatti esplodere tra la folla causando la morte di circa un centinaio di manifestanti ed il ferimento di altre 240 persone tra cui alcuni in modo molto grave, al punto che il bilnacio dei morti sarà nelle prossime ore destinato a salire.
Nonostante le dure parole di condanna dell’attentato del premier turco Ahmet Davutoglu, che ha anche proclamato tre giorni di lutto nazionale, è chiaro che l’attentato sia di matrice governativa: per l’ennesima volta, infatti, le vittime non sono appartenenti o simpatizzanti del partito al potere, l’AKP, bensì tutti di appartenenza all’ala delle opposizioni filo-curde. La manifestazione di sabato era infatti organizzata dal HDP insieme al DHKP, due dei maggiori partiti filo curdi della Turchia e, come Erdogan vuole, il dito accusatorio è stato puntato proprio verso il PKK e il DHKP. Perdonatemi ma perché mai fare un attentato contro i propri simpatizzanti? M ala domanda, alla fine non è neanche questa. Spieghino Erdogan, Devutoglu ed il ministro dell’Interno come mai durante la manifestazione di protesta di Ankara, visto l’alto numero dei manifestanti, visto che la manifestazione avrebbe dovuto sfilare per le aree centrali della capitale turca, non era presente neanche un vigile urbano o, ammesso che in Turchia esistano, un ausiliario del traffico, a controllare che non vi fossero tafferugli e che la manifestazione non degenerasse in scontri? Solo dopo l’attentato sono arrivati, in tenuta antisommossa gli agenti di polizia che, anziché soccorrere i feriti hanno caricato coi manganelli i manifestanti che cercavano di soccorrere i feriti.
Il Pkk curdo ha dichiarato il “cessate il fuoco” unilaterale nel conflitto con la Turchia nel sud-est del Paese: una decisione che arriva tre mesi dopo la fine della tregua che durava da due anni, annunciata dal Pkk come risposta all’offensiva anti-terroristica, ma nella realtà anti-curda avviata a fine luglio da Erdogan che ha condannato la strage, affermando che l’attacco prende di mira l’unità e la pace della Turchia e aggiungendo che i responsabili mirano a seminare divisioni fra le diverse parti della società turca.
L’attentato di Ankara, però, ha sortito un effetto inaspettato contro il governo: una folla di persone ha contestato duramente, anche con lancio di oggetti, i ministri turchi della Salute e dell’Interno quando si sono recati sul luogo dell’attentato, tanto che i due ministri sono stati immediatamente subito allontanati dalla polizia. In serata ad Istanbul si è svolto, questa volta sotto stretta sorveglianza della polizia in tenuta antisommossa, un corteo con almeno 10mila persone che hanno sciorinato cartelli ed intonato slogan come “Erdogan dimettiti” e “Akp assassino”.
Si apprende inoltre che la marcia pacifista nella capitale e colpita dagli attentati, era stata organizzata dal Collegio degli ingegneri, da quello degli architetti, dal sindacato Kesk e dal sindacato di sinistra Disk, ma contava anche sull’appoggio di altri gruppi fra cui grandi associazioni della stampa, che sostenevano la protesta visti i recenti arresti di giornalisti critici nei confronti del presidente-califfo della Turchia.
Forte la condanna internazionale. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha ribadito l’unità dei membri dell’Alleanza atlantica contro il terrorismo. La Francia, nel condannare l’accaduto, ha espresso alla Turchia la sua solidarietà. Dal Regno Unito il segretario britannico agli Esteri ha definito quelli di Ankara “attacchi barbari” e condoglianze sono giunte anche da Putin, dall’Italia il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha espresso il proprio sgomento “per l’efferato attentato terroristico contro la democrazia e la pace che è costato la vita a tanti manifestanti ad Ankara”. A fagli eco il “trasparente e sincero” ministro degli Esteri Gentiloni che su Twitter ha scritto:”Vicini alla Turchia contro il terrorismo che vuole distruggere pace e democrazia” (sperando ch enon abbia perso altri 11 milioni di Euro per scrivere il tweet) e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, cha ha scritto a Erdogan condannando l’attentato, definendolo “ignobile”, oltre che un “gesto vile e riprovevole che, nella sua barbara efferatezza, richiama l’urgenza di combattere uniti la piaga del terrorismo”.
Se non fosse per quei milioni di euro stanziati dall’Europa alla Turchia, al fine di combattere il terrorismo (ossia ammazzare i curdi e proteggere l’Isis), se non fosse per quei 11 milioni di euro dei contribuenti italiani donati ai terroristi per “liberare” due simpatizzanti dei terroristi e che hanno dato il loro contributo alla jihad del sesso, potrei anche credere alle parole dei politici europei, ma vista la realtà è solo, come sempre, ipocrisia.
Impiegato presso una nota multinazionale americana, ha avuto varie esperienze di dirigenza sia in campo professionale che in campo politico.
Scrive per Milanopost ed altre testate, soffermandosi soprattutto su Israele, Medio Oriente, Africa sahariana e subsahariana. Giornalista Freelance scrive più per passione che per professione.