Lo sfascio di Roma visto da un romano

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Milano 13 Ottobre – Visto che da giorni non si fa altro che parlare di Roma e del suo improvvisato (ex) sindaco, permette anche a me di dire qualcosa.

Una premessa: sono nato a Roma, città dove mi sono laureato e dove ho incominciato a lavorare. Sono di Roma i miei genitori e lo erano anche i miei nonni.

Penso di conoscere, quindi, abbastanza bene la realtà dell’Urbe.

Che Marino fosse totalmente incapace di amministrare la Capitale era noto, tranne che a lui, a tutti fin dall’inizio. Frutto scellerato delle primarie del Pd si era trovato a gestire lo sfascio lasciato da Gianni Alemanno. Che, a sua volta, lo aveva ereditato dal tandem di belle speranza Rutelli/Veltroni.

Questo per dire cosa? Che il disastro di Roma ha origini lontane nel tempo.

Le buche nelle strade, i rifiuti ovunque, i mezzi pubblici che non funzionano, i servizi da terzo mondo, non sono una “creazione” di Ignazio Marino ma il prodotto di inefficienze e sciatterie ataviche.

Il problema è a monte. Faccio un esempio. Da Ostia, periferia Sud-Ovest, al Labaro, periferia Nord-Est della Capitale ci sono circa 60 km. Più della distanza che passa da Bergamo a Milano. I dipendenti del comune di Roma, sommati a quelli delle varie società partecipate (l’Atac, l’azienda dei trasporti, l’Ama, l’azienda dei rifiuti, ecc.) sono circa 70.000. Nessuna azienda italiana ha un simile numero di personale alle dipendenze. La maggioranza di questo personale è stato assunto con criteri clientelari o perchè aveva qualche tessera in tasca.

Come può una persona che non ha alcuna esperienza manageriale e, soprattutto, con le attuali norme iper garantiste sul pubblico impiego, gestire in maniera, appena sufficiente, una simile realtà? Il fallimento è dietro l’angolo.

Per Roma, usando le parole del cardinale vicario Vallini, serve una nuova classe dirigente. Non solo politica, ma anche amministrativa. Perché gli assessori passano ma i funzionari comunali restano. Il Pd può candidare il solito magistrato buono per tutte le occasioni, vedasi Cantone o Sabella, ma senza un cambio radicale dell’apparato comunale sarà solo uno specchietto per le allodole.

Serve un reset completo di tutto, altrimenti chiunque dovesse venire dopo Marino non farebbe altro che andare a sbattere contro un muro.

Il governo Renzi, se vuole bene al Paese e alla sua Capitale, metta subito mano ad una riforma seria del pubblico impiego e della burocrazia. Trovi il coraggio di mandare a casa gli incompetenti,

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