Milano 26 Ottobre – Il festival dell’assenteismo investe tutta Italia e non solo Sanremo dove vent’anni fa esplose il tormentone musicale «La terra dei cachi» di Elio e le Storie Tese, un ritrattone dell’amalgama tricolore con il peggio del peggio: dagli abusivi, alla mafia, agli errori sanitari. I pirati del tornello, i timbratori plurimi della pubblica amministrazione, i furbetti del cartellino, i maghi del giustificativo, quelli no, non c’erano. Ma spesso l’arte trova il suo compimento nei fatti. Perché sull’onda dello scandalo sanremese, tra vigili in mutande e travet ai remi in orario di lavoro, lo spaccato che emerge analizzando i dati incrociati di enti e istituti di ricerca tratteggia un Paese in cui l’assenteismo della burocrazia si colloca tra i suoi mali più radicati. Nel periodo 2012-2014, le assenze della pubblica amministrazione sono aumentate e, lo scorso anno, sono state quasi il doppio di quelle nel settore privato, come è quasi il doppio la percentuale degli assenti quotidiani che si mettono in malattia. Non c’è crisi che prema nel settore pubblico, non c’è il fiato sul collo della performance, non c’è la nebbia del «finché dura». Perché lì dura eccome, la guerra. A ognuno la sua. Nel privato contro l’infelice congiuntura economica, nel pubblico contro lo Stato. Già, perché l’assenteismo è né più né meno che una guerra contro lo Stato condotta dalle sue viscere, e non esiste danno più grave di quello inferto dall’interno, da chi dovrebbe rappresentare la determinazione più immediata della cosa pubblica, nel rapporto con il cittadino allo sportello. O nelle pratiche a cui dare un esito. È la guerra degli efficacissimi strateghi del week end lungo, del ponte da allungare con la malattia, del mese di gennaio da abbattere, nel suo gelo, con il caldo tepore di casa. Perché proprio gennaio è il mese più gettonato per tenersi ben lontani dall’ufficio. Certo, generalizzare sarebbe ingiusto, e comunque ci sono molti onesti lavoratori nelle piante organiche pubbliche che svolgono con dedizione il proprio ruolo. Ma la cifra di quanto costa alle casse dello Stato l’assenteismo della pubblica amministrazione, circa 11 miliardi di euro, inchioda tutti alle proprie responsabilità. Quei controllori che non controllano mai e cadono dal pero quando scoppia il bubbone mediatico. Il governo delle tante promesse andate a vuoto e degli hastag. Chissà che Renzi enfaticamente appassionato di letture tanto da farsi fotografare i libri dopo l’acquisto, non abbia la premura di leggere il Cappotto, un racconto di Gogol. Lì, un burocrate della Russia zarista lavora ogni giorno curvo sulle sue carte e ligio all’orario d’ufficio, sordo agli sfottò dei colleghi per potersi cambiare il cappotto. Triste allegoria ma come simbolo di sistema di pubbliche miserie, sempre più dignitoso il cappotto di Gogol che le mutande del pizzardone di Sanremo.
Gian Marco Chiocci (Il Tempo)
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845