Milano 26 ottobre – Nella ricerca degli angoli di periferia di Milano, questo fine settimana mi sono messo alla sequela di Silvia Sardone. E’ stata un’esperienza molto interessante. Soprattutto per la reazione della gente. Ci sono davvero migliaia di sfumature quando ci si allontana dai palazzi del potere. Sabato, per esempio, abbiamo partecipato ad una manifestazione al Parco Martesana. Il problema è l’uso e l’abuso del verde pubblico da parte di gruppi, spesso organizzati, che là dentro fanno di tutto. Dai grandi classici, come lo spaccio, fino ai rave party. D’estate vivere in via Zanardini è una via crucis. I bonghi possono suonare anche dieci ore consecutive. Le notti finiscono solo molte ore dopo l’alba. I giorni non concedono pace. E le forze dell’ordine sono impotenti. Raccontava un cittadino che il poliziotto al centralino si informava dell’etnia di chi causava problemi. Se la risposta era “Sudamericani” la pattuglia aveva sempre impegni più pressanti. Non so se sia vero. So che è comunque indicativo di un clima.
Un clima che in un assolato pomeriggio di fine Ottobre porta duecento persone a sfilare dietro uno striscione nel parco. Uno striscione bianco e nero. Con cartelli fatti a mano. In famiglia. Con i bambini a reggerlo. Perchè qui non ci sono simboli di partito. Non ce n’è bisogno. A che servono le bandiere, gli stemmi ed i gagliardetti quando manca un avversario? Qui non si combatte destra contro sinistra. Qui si combatte contro due grandi nemici. Il primo è il degrado. Il degrado è qualcosa di diverso dall’insicurezza. Nessuno pretende di vedere Pisapia con il cappello da Cow Boy, gli speroni e la pistola alla cintola che spara agli spacciatori. Quello che si vuole è che la recinzione diventi una barriera più seria. Meno aggirabile e sabotabile. Che le entrate del parcheggio vicino al Parco vedano installato un cancello che impedisca l’accesso ai camper. Che il verde sia presidiato per davvero. Perchè il degrado non si combatte (solo) con le divise, ma dando la possibilità alle brave persone di riconquistare gli spazi perduti. Per questo ci vogliono persone come Silvia Sardone, capaci di spogliarsi di ogni simbolo, per essere in grado di scontrarsi, da persone reali e non da dirigenti di partito, con le paure e le ansie, le speranze ed i sogni della periferia.
Il secondo nemico è meno appariscente e più subdolo. Scenario. Domenica mattina, ora solare. Undici di mattina. Via Pitteri, davanti all’Esselunga. Si volantina e raccolgono firme contro l’insicurezza della zona (Lambrate/Rubattino). Passa una signora molto distinta. Ha un cappottino carta da zucchero e si muove impavida con un triciclo (una bicicletta a due ruote posteriori) rigorosamente sul marciapiede (potrebbe anche essere una pista ciclabile, non ne ho idea. A Milano non appare la Madonna. Le piste ciclabili, in compenso, sì.). Faccio un esperimento. Le chiedo se vuole firmare. Mi guarda con occhi tristi, nella ragnatela di rughe e mi risponde:“Non so dove vediate il degrado. Questa zona è bellissima. Non c’è la criminalità. Siete voi che convincete le persone che vada tutto male”
Cerco di spiegarle che se avessi il potere in mezz’ora di convincere venti persone (alla fine firmeranno in cinquanta) che il quartiere è degradato farei tutt’altro nella vita, invece che l’imprenditore. Lei pare colpita, ma mantiene la sua versione. La saluto, lei entra a fare la spesa, lasciando la bicicletta in mezzo al marciapiedi. Sembrava aspettarsi che a sistemarla ci avrebbe pensato il vigilante, un ragazzo Africano estremamente acuto, che aveva già dato per persa la nostra causa di risanamento del quartiere. Il vigilante non delude la vecchina. Intanto si fermano due ragazze a firmare. La vecchina esce e vede la scena. E’ proprio triste a quel punto. Ci trova giovani, educati e irrimediabilmente perduti. Ce lo fa sapere. La ragazza che sta firmando cerca di spiegarle che ha subito un furto e non si fida ad uscire. La vecchina è incredula. Le sembra tutto finto. Non si capacita. E se ne va.
Il nemico più difficile da combattere, più del degrado, più dell’insicurezza, più dello spaccio è l’ideologia. L’ideologia ti porta a credere che la cosa più bella che tu possa vedere in Primavera a Praga siano i carri armati sovietici. Che un ladro debba poter rubare senza molestie, perchè se non hai fame anche tu, beh, allora sei un capitalista. E quindi un ladro per definizione. Che la povertà si combatta impoverendo chi produce. In maniera da non essere tutti più ricchi, alla fine. Ma ad essere tutti ugualmente miseri, quello sì. Oppure ti potrebbe far credere, in una velata Domenica di fine Ottobre, quando l’ultimo caldo prende commiato dalla terra dei fumi e delle nebbie, che tu viva in una periferia sana. Senza delinquenza. E che l’unico problema sia la percezione. Quella di cinquanta persone autoconvintesi di essere in pericolo.
Questo è il motivo della militanza. Non possiamo credere di vivere in una città normale quando il Sindaco e una buona fetta della sua maggioranza la pensa esattamente come questa vecchina. È un dovere morale. Come lo era lottare per i giovani della Primavera di Praga. Come lo è schierarsi con il pensionato di Vaprio d’Adda. Come lo è sempre stato schierarsi con chi produce contro i predoni ed i parassiti. Come lo è schierarsi con la Realtà, contro la dolce vecchina che pedala lenta nella foschia.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,