Milano 31 Ottobre – Gentile Direttore, sono una milanese doc da generazioni, fiera della mia città così ricca di storia, di tradizioni, di generosità. Così bella anche nei giorni di nebbia, quando sembra tutto fatato e ti viene quella malinconia che è anche sorriso e nostalgia per una giovinezza che non c’è più. E sono contenta, anzi molto contenta che Milano abbia ospitato l’Expo e che tutto il mondo sia arrivato per vedere ed apprezzare la capacità e la laboriosità dei milanesi che sono riusciti a dare il meglio di sé. Io l’Expo l’ho visto in televisione e non riesco ad immaginare la maestosità dei padiglioni, i colori, le luci, la grandezza di un evento così importante. L’Expo è diventato per me il sogno di una città immaginaria, un gioco proibito a cui non ho potuto partecipare. La mia realtà è la realtà del mio quartiere, in periferia. Una realtà che racconta una casa popolare con i muri sbrecciati, le scale rotte, la serratura del cancello sempre rotta, il marciapiede a colabrodo. E se si vuole uscire alla sera, la luce è praticamente inesistente, la memoria deve ricordarti le buche per non cadere e la paura per uno scippo ti stringe la gola. Nessun colore, nessun luogo dove far passare il tempo. Il silenzio, la solitudine e quella sensazione di abbandono che fa male al cuore, soprattutto se si fa fatica a sopravvivere con le tre lire di una pensione insufficiente. E allora mi faccio qualche domanda: ma il Sindaco sa che esistiamo anche noi? Il Sindaco sa che esiste una Milano diroccata e fatiscente? Una Milano nascosta con cura, che i grandi del mondo non hanno visto, ma che c’è e ha bisogno di attenzione. Una Milano a cui ridare dignità e vita
Egle
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