Siamo al solito bluff sui dati del lavoro. A settembre meno occupati

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Milano 1 Novembre – Solito tradimento dei numeri Istat sul lavoro. Se a prima vista, infatti, il tasso complessivo di disoccupazione a settembre flette di poco, compresa quello giovanile, l’occupazione frena dopo la crescita degli ultimi tre mesi. In parte anche per l’effetto dell’aumento degli inattivi, quelli che il lavoro non lo cercano più. A smontare le tesi di un Paese che inizia ad assumere grazie ai mirabolanti effetti del Jobs Act è ancora una volta l’Istat. Che ha registrato lo scorso mese un tasso di disoccupazione pari all’11,8%, in calo di 0,1 punti percentuali e che prosegue il trend discendente di luglio (-0,5 punti) e agosto (-0,1 punti). Lieve e non straordinaria anche la flessione per quella giovanile che scende al 40,5% con un calo di 0,2 punti percentuali. Fin qui le notizie interpretate entusiasticamente ma, a far masticare amaro il Governo, è la stima degli occupati che diminuisce a settembre dello 0,2% (-36 mila di cui -26mila lavoratori dipendenti e -10 mila indipendenti) e che ritocca all’ingiù il tasso di occupazione di 0,1 punti percentuali. Non solo. A settembre rispetto ad agosto è salito in maniera consistente anche il numero degli inattivi tra i 15 e i 64 anni: un +0,4% (+53 mila persone). Si tratta di una fasciadi persone che il lavoro ha smesso di cercarlo dopo essere stato iscritto nelle liste di chi cerca impiego. L’occupazione però, nonostante il rallentamento di settembre, cresce su base annua dello 0,9%, +192 mila posti, portando il tasso ad un aumento di 0,6 punti percentuali. Ed è a questi ultimi dati, parziali, che ha guardato il premier Matteo Renzi per commentare la performance del mercato del lavoro italiano e suonare la carica: «il Jobs act ha restituito credibilità a livello internazionale, ma soprattutto ha creato opportunità e posti di lavoro stabili. È la volta buona, l’Italia riparte», ha scritto su Facebook, mettendo in fila dati congiunturali e tendenziali. Difficile parlare di miracolo, però, anche per l’ottimista Renzi che ha dovuto aggiungere nel suo commento un’iniezione di fiducia: «resta molto da fare ancora, ma non dimentichiamo che eravamo sopra al 13% di disoccupazione a livello generale e oltre il 46% per i giovani. Sono percentuali e numeri, certo, ma sono anche persone, vite, famiglie, destini». A plaudire anche il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, secondo cui i dati «confermano il miglioramento strutturale del mercato del lavoro», per nulla preoccupato dalla frenata dell’occupazione registrata a settembre: «Si iscrive nelle fisiologiche oscillazioni del mercato del lavoro» ha spiegato ricordando tutti i segnali positivi arrivati fino ad oggi, dal miglioramento delle previsioni di Pil di Bankitalia alla rinnovata fiducia espressa da consumatori e imprese. La ripresa, dunque, per Poletti a questo punto «è ormai avviata e le riforme intraprese dal governo la consolidano e la rafforzano». Ma Cgil e Uil gelano gli entusiasmi e attaccano. «È molto faticoso dire che passare dal 41 al 40,5 del tasso di disoccupazione giovanile, che resta drammatico, sia un dato positivo» ha commentato il leader Cgil, Susanna Camusso.

Fil. Cal.

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