Milano 7 Novembre – Il ministro Marianna Madia sembra essersi lanciata all’attacco dell’inefficienza della burocrazia e ormai si parla addirittura di licenziare chi non lavora. Apparentemente può sembrare di trovarsi dinanzi a una svolta, dopo decenni di lassismo e sindacalismo, ma le cose non stanno così.
La sensazione, infatti, è che forse dal governo verranno nuove norme contro chi va in mutande a timbrare il cartellino, e poco di più. Quella che è finita nel mirino del ministro è la punta dell’iceberg, l’eccesso, la patologia estrema, perché siamo ben lungi dall’ammettere che è malato il gran corpo di un sistema amministrativo che invade ogni ambito, dà e nega permessi, intralcia le imprese, operafuori dal mercato e a prescindere dalla propria capacità (o meno) di soddisfare i consumatori. ARoma sarebbe necessario che iniziassero a capire – molto semplicemente – che non esiste unsocialismo che funzioni. Individuare qualche corrotto e qualche fannullone, pensando che senza di loro tutto il resto si muoverà nella giusta direzione, significa essere ingenui o in mala fede. Lascuola italiana ha certamente al proprio interno qualche caso patologico, ma essa nel suo insieme è un disastro non a causa di ciò: è un disastro perché non risponde a chi la finanzia, non è calata in contesto competitivo, non esprime una pluralità di percorsi educativi e metodologie diverse. E lo stesso vale per ogni altro settore.
L’operazione annunciata dal ministro Madia rischia allora di essere un semplice lifting sul viso di una novantenne invecchiata male. Non potrà dare risultati di rilievo. È invece urgente intervenire al più presto e con decisione nei meccanismi istituzionali fondamentali, liberalizzando eprivatizzando. Bisognerebbe, in altre parole, aprire ogni ambito al pluralismo del mercato e trasformare in aziende private gli apparati oggi statizzati. Le inefficienze patologiche estreme messe in evidenza dal “caso Sanremo”, che comunque è solo l’ultimo episodio di una lunga lista, sono segnali che ci aiutano a comprendere una realtà molto più vasta: fatta da impiegati che arrivano in orario ma che giocano al computer, professori puntuali ma senza stimoli e controlli, medici il cui comportamento è apparentemente insindacabile ma che in verità non si mettono davvero al servizio dei pazienti.
In fondo, il senso della lezione che fu impartita al mondo da Ronald Reagan e Margaret Thatcher fu proprio questo. Essi ebbero il coraggio di licenziare, privatizzare, aprire mercati, vincere resistenze sindacali solidissime e opposizioni ancor più tenaci da parte del mondo culturale. Non si limitarono a chiedere l’allontanamento dal proprio posto di chi non lavora, ma fecero il possibile per cambiare in profondità la società. Tentarono una vera rivoluzione liberale, che in entrambi i casi – purtroppo – funzionò solo a metà. Sia in Inghilterra sia negli Stati Uniti la spesa pubblica, nel corso degli anni Ottanta, non calò affatto e anzi registrò un incremento, ma è pur vero che quelle leadership fecero davvero tanto per modificare il rapporto tra pubblico e privato. Ci si muoverà, da noi, in quella direzione? Assolutamente no. Nella nostra società il mito dello Stato democratico e quello, strettamente connesso, dell’eguaglianza sono assai difficili da contestare. In fondo, seguendo una tradizione molto italiana, ogni riforma è pensata per cambiare tutto affinché nulla cambi. Il Gattopardo continua ad abitare in mezzo a noi. Chi nutre speranze, quindi, rischia di restare presto assai deluso.
Carlo Lattieri (L’Intraprendente)
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