Milano 8 Novembre – IL CASO MANTOVANI. Il 13 ottobre Mario Mantovani, il suo collaboratore Giacomo Di Capua e Angelo Bianchi (dirigente del Provveditorato opere pubbliche in Lombardia) sono finiti nel carcere di San Vittore su ordine della Procura di Milano con un provvedimento autorizzato dal Gip Stefania Pepe. Autorizzazione che è giunta addirittura un anno dopo la richiesta del provvedimento da parte dei pm che indagavano sul caso.
I giornali hanno parlato di “tangenti”, “mazzette”, “favori”, “appalti truccati”. In realtà basterebbe leggere con occhio attento quanto pubblicato dalla stampa per capire l’inconsistenza del quadro accusatorio e per cogliere le numerose ed evidenti falle nelle tesi dei pm milanesi.
Tra i capisaldi delle accuse rivolte a Mantovani ci sono:
Aver preso tangenti sul trasporto dei malati dializzati. In realtà, non esistono tangenti e neppure la Procura ipotizza che vi siano, tanto è vero che a Mantovani e all’assessore Massimo Garavaglia viene contestato il reato di turbativa d’asta. I due sarebbero intervenuti per consentire ad alcune associazioni di volontariato della loro zona di continuare a svolgere il servizio («Te lo segnalo prima che poi ci rompono le balle che abbiamo escluso la croce azzurra», dice Garavaglia a Mantovani). E al Giornale il presidente della onlus che Mantovani avrebbe «miracolato», la Ticinia, spiega: «Non abbiamo chiesto nessuna raccomandazione, abbiamo solo scritto a tutte le istituzioni che alle gare d’appalto non avrebbe potuto partecipare l’intero mondo del volontariato, che statutariamente non può svolgere servizi commerciali. E infatti noi quel servizio non lo svolgiamo più». Quindi, in nessun caso, si può parlare di turbativa d’asta.
Concussione: Mantovani è accusato di concussione ai danni di Pietro Baratono, provveditore alle Opere pubbliche della Lombardia, per averlo costretto a riaffidare incarichi operativi a Angelo Bianchi, un funzionario che era stato messo da parte in quanto inquisito per corruzione.
A verbale, Baratono parla di «pressioni molto decise» da parte di Mantovani, ma dopo l’arresto dell’ex senatore, parlando con il quotidiano Il Giornale, ha modificato il tiro: «Non pressioni, direi consigli». Sta di fatto che Baratono si guardò bene dal denunciare le pressioni o i consigli di Mantovani, rimise Bianchi al suo posto, e ai pm spiegò: «Su Bianchi ho successivamente maturato un giudizio personale nel corso di quell’anno».
Inoltre, quando Mantovani chiama Baratano non svolge più la funzione di sottosegretario. E’ uno dei mille parlamentari e si rivolge garbatamente a Baratano con la finalità, invero nobile e facilmente comprensibile, che il funzionario Bianchi – che ha memoria dei progetti avviati durante l’incarico esecutivo di Mantovani (sottosegretario) – continui a seguirli affinché non finiscano su un binario morto.
Corruzione: Secondo l’accusa, Mario Mantovani riceveva per sé, per i propri figli, e per società e fondazioni a lui riconducibili lavori (“utilità consistite a titolo sostanzialmente gratuito”) da parte dell’architetto Parotti. Secondo l’accusa, in cambio delle prestazioni professionali Mantovani “promuoveva” presso stazioni appaltanti pubbliche il conferimento di lavori e commesse a Parotti.
Premesso che non sussiste alcun nesso o prova che metta in relazione la conoscenza di Parotti e Mantovani con l’attività dello stesso architetto Parotti nel settore delle opere pubbliche, veniamo alle contestazioni caso per caso, delle singole vicende.
Tra le opere prestate da Parotti ci sarebbero, secondo l’accusa, diverse prestazioni professionali di cui avrebbero beneficiato Mantovani e i suoi familiari: La gestione della compravendita e del progetto di arredi interni di uffici ad Arconate; i lavori di ristrutturazione della Cascina Vittoria per cui Parotti avrebbe percepito solo un terzo del compenso che gli sarebbe spettato per i lavori; la progettazione e raccolta preventivi relativi alla risistemazione di Piazza Europa (Arconate) in favore di Mantovani e per l’Opera Pia Castiglioni (Arconate); la progettazione di palazzine residenziali ad Arconate. La difesa spiega che, semplicemente, il soggetto beneficiario delle prestazioni professionali in oggetto non è Mario Mantovani!
Rispetto alla gestione della compravendita e del progetto di arredi interni di uffici ad Arconate la proprietà è di Spem Srl. Occorre precisare che tale società non appare mai formalmente, in alcun modo, atta a nascondere la riconducibilità delle quote sociali a Mario Mantovani. Questo anche se le quote sono intestate a una società fiduciaria. Infatti Mantovani, sia quando era senatore, sia da consigliere regionale, ha sempre regolarmente pubblicato sui siti istituzionali la riconducibilità delle quote alla sua persona. Sarebbe quindi bastato consultare siti accessibili a chiunque per appurare che non c’è mai stata nessuna volontà di occultare la situazione patrimoniale e proprietaria.
Riguardo lavori di ristrutturazione della Cascina Vittoria, l’usufrutto è in capo alla Fondazione Mantovani.
A proposito dei preventivi relativi alla risistemazione di Piazza Europa, la difesa chiarisce, ove ce ne fosse bisogno, che la proprietà e addiruttura del Comune di Arconate!
Per la progettazione di palazzine residenziali ad Arconate, la proprietà è dell’Aler di Milano.
Le accuse riguardano anche la progettazione di un nuovo edificio in Contrada Sant’Eusebio (proprietà del figlio di Mantovani, Vittorio) ad Arconate, la presentazione del permesso di costruire in sanatoria “Villa La Gioiosa”, la progettazione per ristrutturazione Via Giolitti (Arconate) in favore di Vittorio Mantovani. Ma anche in questo caso, il presunto beneficiario delle prestazioni professionali in oggetto non è l’indagato.
Addirittura, per quanto riguarda la progettazione di una casa di riposo a Casorezzo e per la progettazione necessaria per la realizzazione della“casetta degli alpini” nel parco di Arconate, nella carte non è specificato il beneficiario della prestazione professionale.
Rispetto alla questione della società Spem, la difesa mette in evidenza anche che per nessuna delle prestazioni professionali di Parotti è mai stata emessa e inviata al “cliente” una sola nota analitica delle attività professionali svolte. Quando nella carte dell’accusa si fa riferimento alle attività professionali che si sostanziano nell’attività di intermediazione immobiliare è chiaro che non si può fare riferimento a Parotti che è un architetto e non un mediatore di affari. E in base a una legge del 1989 non sono dovute somme a titolo di mediazione a chi non è iscritto all’albo dei mediatori d’affari.
Entrando nel merito della prestazioni offerte da Parotti, ci sono alcuni elementi da mettere in evidenza. Rispetto alla stima e alla gestione della compravendita di immobili posti nel comune di Arconate (Via Bonvesin De La Riva) a favore della Spem va chiarito che, anche a fronte della scarsissima attività resa, l’affare non si è concluso e dunque non sono stati realizzati neppure i lavori edili. Per quanto riguarda la progettazione dei lavori per un edificio da realizzare e riconducibile a Vittorio Mantovani, c’è stata la demolizione del fabbricato ma non è stato edificato nulla. In più non c’è stata nessuna attività che possa definirsi “progettazione”.
Rispetto alla progettazione per l’edificazione di una casa di riposo a Casorezzo occorre anzittutto dire che è stato l’architetto Parotti a proporsi attraverso uno studio preliminare con il quale ha tentato di promuovere un’operazione economica che non si è mai realizzata.
Rispetto alla progettazione e al computo metrico (mai richiesti!) propedeutici alla ristrutturazione di un appartamento in via Giolitti (Arconate) in favore di Vittoria Mantovani, le carte depositate dal legale evidenziano che è stato realizzato esclusivamente uno studio di massima relativo a un intervento per opere interne dell’abitazione della sorella di Mantovani. Opere, poi, mai realizzate.
Per quanto riguarda la casetta degli alpini, la risistemazione di Piazza Europa del Comune di Arconate, la progettazione di palazzine residenziali (via Pascoli, Via Diaz, Via dell’Industria) sono stati effettuati solo degli studi preliminari che non hanno trovato sbocco in nessuna attività di progettazione.
La difesa mette in evidenza come Parotti sia stato regolarmente retribuito per le prestazioni professionali effettivamente svolte. Sono state consegnate in procura le documentazioni che attestano, rispetto all’attività professionale svolta in favore dell’Opera Pia Castiglioni (per Villa La Gioiosa di Cormano), l’emissione di una parcella da 21.168 euro.
Ancora più lampante il caso di Villa Clerici a Cuggiono (che secondo l’accusa sarebbe una delle opere di ristrutturazione fatte dall’architetto Parotti in favore di Mantovani). Il vero debitore, infatti, è proprio l’architetto Parotti! Due rogiti notarili mostrano la cessione del diritto di superficie per 40 anni in favore di Parotti di una ampia porzione di fabbricato situata all’interno di Villa Clerici e di una vasta area del cortile dove Parotti ha la sua abitazione privata e il suo studio professionale. La cessione in favore di Parotti non è mai stata pagata. Spem è creditrice di una somma che è perlomeno di 100.000 euro (oltre a rivalutazione e interessi). Come se non bastasse, Parotti è stato retribuito per le effettive prestazioni professionali così come attesta da una fattura presentata dall’avvocato Lassini per un totale di 8,016 euro.
Rispetto alla Cascina Vittoria, Parrini ha ricevuto un compenso di oltre 190 mila euro. Pagamenti regolari, trasparenti, tracciati finanziariamente e presenti nella documentazione consegnata in procura.
Come si è potuto leggere, non esiste alcun nesso tra l’attività svolta privatamente dall’architetto Parotti e la sua partecipazione ad appalti o bandi pubblici. Anzi, non vi è traccia nelle carte investigative di alcun appalto pubblico ottenuto dall’architetto Parotti su intercessione del senatore Mantovani sia nella sua veste di parlamentare, che di sottosegretario che di sindaco o di assessore regionale.
È da precisare altresì che in Italia non è vietata la partecipazione a società o è preclusa l’attività istituzionale e politica a chi abbia svolto il mestiere di imprenditore. Alcuni esempi: Federica Guidi, attuale ministro dello sviluppo economico; Renato Soru, già governatore della Sardegna; Massimo Calearo, già deputato del Partito democratico; Riccardo Illy, già sindaco di Trieste; Luigi Brugnaro, attuale sindaco di Venezia; Corrado Passera, già ministro dello sviluppo economico; Sandro Biasotti, già presidente della Regione Liguria.
Mario Mantovani, in ossequio alla legge e sempre coerentemente con il suo percorso politico istituzionale:
Aveva già lasciato nel 1999 la carica di presidente della cooperativa Sodalitas, al momento dell’elezione al parlamento europeo;
Aveva già lasciato nel 2002 il consiglio di amministrazione di Sodalitas
Aveva già lasciato nel 2008 – al momento di elezione a senatore e nomina a sottosegretario, il consiglio di amministrazione della fondazione «Mantovani onlus», costituita in memoria della sorella Ezia.
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845