La netta differenza tra la propaganda e la militanza

Milano

Milano 9 Novembre – Mentre a Bologna scoprivamo di essere dentro un’alleanza in cui comanda un signore che io manco conosco, sul territorio qualche Forzista non si arrendeva. Apriva il suo banchetto come ogni Domenica. E ricominciava una battagliava che dura da decenni. Stavolta eravamo in via Feltre, a ridosso di Cimiano. A differenza delle altre volte, in questo caso, più che le nostre azioni è stata la realtà a darci ragione. Raccoglievamo firme per chiedere maggiore sicurezza. Solita routine, soliti temi. Più telecamere, meno campi rom. Niente ruspe, non siamo così immaginifici. 12226629_10207407671297224_686111264_nPersonalmente credo che basti tagliare il flusso continuo di risorse, che poi non finiscono nemmeno direttamente ai presunti bisognosi, ma compiono lunghi giri attraverso associazioni, cooperative, progetti, amici, amici di amici e creano un ambiente sfavorevole per qualsiasi reale integrazione.

In ogni caso, per tenere fede ad una tradizione che va consolidandosi, anche ieri abbiamo assistito al Passante-Che-Vede-Un-Mondo-Arancione. La Vie en Rose formato Meneghino/Pisapia. Questo fine pensatore ci ha accusato di prendercela con i poveri fratelli Rom, quando non facciamo nulla contro i veri problemi della città. Tipo le macchine in sosta vietata. Non so cosa abbiano fatto gli autoveicoli a questo anziano signore, ma deve essere stato qualcosa di grave. Comunque nemmeno cinque minuti dopo la realtà, come dicevamo, si è incaricata di decidere, con durezza ma giustizia, chi dei due avesse ragione sulle priorità.

Mentre discutevo con un amico di amici in trasferta dalle Marche (sì, i banchetti sono belli anche per questo), dei carabinieri entrano nel Supermercato. Dopo venti minuti escono accompagnando sotto braccio un signore. Ora, intendiamoci. Io non ho alcun titolo per decidere che fosse un Rom. Come non lo aveva nessuno in quel momento. Poteva essere anche un Italiano bravissimo a fingere un accento fortissimo, che riusciva ad essere del tutto a suo agio in mezzo a due uomini in divisa e del tutto indifferente a quello che gli succedeva attorno. Di ragazzi sulla trentina che rubano merce di consumo in un supermercato con cittadinanza Italiana e non appartenenti ad un gruppo etnico diverso dal nostro ce ne sono sicuramente, è ovvio. Però, sapete, la consuetudine con gli agenti ed il fatto che sia stato liberato subito, come se sapessero perfettamente chi era e non ritenessero di fotosegnalarlo. un minimo di dubbi li faceva sorgere. Anche il fatto che ci ha abbia guardati con sguardo di sfida, un minimo di sospetti li faceva sorgere. Insomma, prove non ne ho, ma dovessi fare una scommessa, un euro sul fatto che abiti in un campo Rom ce lo metterei tutto. Come sarei pronto a scommettere che fosse un habitué.

Mentre succedeva questo, un gruppetto di cinque individui, anche questi con le caratteristiche del primo faceva finta di nulla all’angolo dell’entrata del supermercato. Passata la confusione entrano, senza nulla parere. Dopo dieci minuti due di loro schizzano fuori. Uno ha uno zainetto ed è inseguito da un cliente e da un impiegato (il direttore? Così non mi si potrà accusare di non fare supposizioni anche sugli Italiani) che gli urlavano di fermarsi. Lo zainetto è rimasto in mano all’Italiano, che evidentemente ne rivendicava la proprietà. Il ragazzo pareva contrariato, mentre fuggiva. Non era abituato a questi Italiani che non si arrendono, li preferiva docili e remissivi. L’altro invece si è dileguato nella direzione opposta. Gli altri tre ragazzi se ne sono andati in ordine sparso.

Ora, non è questione di nazionalità. È questione di ordine. Di disciplina. Di difesa del diritto di proprietà. Di uno Stato che non può lasciare andare i ladri colti in flagrante. Certo, chi lavora nelle zone non può cambiare la giurisprudenza (per il furto si può arrivare a fare 3 anni. Che non vengono mai comminati. Ma la legge esiste.). Quello che possiamo fare è dire agli onesti: non arrendetevi. Noi la ruspa non ce l’abbiamo. Ma non cediamo terreno. E crediamo che la proprietà privata sia sacra.

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