Ecco come la furia centralista di Renzi seppellisce spending review e federalismo fiscale

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Milano 12 Novembre – Martedì 10 novembre, tutti i giornali hanno rilanciato con sconcerto la notizia delle dimissioni di Roberto Perotti da consigliere di Palazzo Chigi. Si tratta del quarto “mister spending review” che getta la spugna da quando Berlusconi ha ceduto il posto alla serie dei cosiddetti governi dell’austerity: prima di lui infatti si sono arresi Piero Giarda nel 2012, Enrico Bondi nel 2013, Carlo Cottarelli nel 2014.

PRIORITÀ DIVERSE. Come ha scritto Federico Fubini per il Corriere della Sera, Perotti aveva ricevuto da Renzi l’incarico di trovare, insieme al vero e proprio commissario per la spending review Yoram Gutgeld, «dieci miliardi di tagli per il 2016, poi continuare negli anni successivi». Ma a suo (di Perotti) avviso, «il varo della legge di Stabilità e i segnali dati anche in seguito dal governo indicano che la riduzione della spesa pubblica non è una priorità». Nella finanziaria infatti «gli interventi previsti valgono ufficialmente appena 5,8 miliardi (o meno, secondo molti analisti privati), e per metà sembrano di efficacia discutibile perché basati sulla compressione temporanea di alcune spese ministeriali».

LE DIVERGENZE. Comprensibile che le soluzioni individuate da Perotti per la revisione della spesa non andassero a genio a Renzi, visto che il bocconiano, spiega sempre il Corriere, proponeva principalmente «la sfoltitura degli sgravi fiscali a categorie particolari», che però «avrebbe comportato un aumento della pressione fiscale e avrebbe colpito anche associazioni della società civile». Più che la necessità del rigore poté il bisogno di consensi? Fatto sta che adesso, per chi sogna ancora di vedere un giorno ridotta la spesa pubblica italiana, non resta che sperare in Gutgeld, il deputato democratico che «continuerà a lavorare sulla spesa sanitaria e sugli acquisti dell’amministrazione».

ALTRE DIMISSIONI. Se tagli saranno, dunque, sembrano confermare le ricostruzioni giornalistiche, saranno sempre tagli alla sanità. Che non è una buona notizia per nessuno, tanto meno per le Regioni virtuose come Lombardia e Veneto, che già la settimana scorsa sono uscite molto deluse dal faccia a faccia concesso da Renzi ai governatori regionali proprio per chiarire il problema dei tagli alla sanità. A peggiorare la situazione, se possibile, c’è anche un’altra notizia arrivata alla fine della settimana scorsa che però i grandi giornali hanno scelto di ignorare o di pubblicare dopo la pagina 40: il professor Luca Antonini (foto sotto, con Zaia) ha rimesso nelle mani del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan il mandato di presidente del Copaff, la commissione paritetica Stato-Regioni per l’attuazione del federalismo fiscale.

«LAVORO COMPROMESSO». Antonini, nominato al Copaff nel 2009 dal governo Berlusconi, da mesi ripete che la famosa “austerity” degli ultimi governi è fatta sulla pelle degli enti locali, preferendo l’approccio “ignorante” dei tagli lineari (che non distinguono le amministrazioni virtuose da quelle irresponsabili) all’applicazione del principio dei costi standard (che invece permetterebbe di risparmiare miliardi responsabilizzando i governi locali), mentre lo Stato centrale può continuare a spendere senza controllo. Il lavoro scientifico accumulato nelle quasi duecento riunioni del Copaff, spiega Antonini nella lettera inviata a Padoan, «risulta gravemente compromesso dagli sviluppi legislativi degli ultimi periodi».

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«NOI MAI COINVOLTI». È gravissimo, continua Antonini, che «ancora nel nostro ordinamento non siano stati aggiornati i Lea sulla sanità (risalenti al 2001) nonostante il finanziamento del fondo sanitario sia oggetto di pesanti ridimensionamenti». Ed è inaccettabile anche che «continuino tagli di tipo lineare anche in relazione a comparti in cui sono in gioco diritti sociali». A causa di queste scelte politiche di segno opposto al federalismo e alla razionalizzazione della spesa, secondo l’ormai ex presidente del Copaff, il sistema della finanza locale resta ancora «gravemente incompiuto». E mentre Roma in questi anni si rimangiava tutti i passi compiuti verso il decentramento, la commissione guidata da Antonini «non è stata mai sostanzialmente coinvolta in questa evoluzione dell’ordinamento».

«TAGLI NON SOSTENIBILI». Sabato, dopo le dimissioni, il professore ha detto al Corriere del Veneto che il “suo” Copaff è «un organo di altissime professionalità esautorato da apparati che agiscono con pressapochismo e sciatteria». E che il governo di Roma «si trincera dietro la logica stantia degli sprechi regionali e comunali e abusa di questa retorica per imporre tagli lineari oltre i livelli di sostenibilità, danneggiando così le realtà virtuose. Pensano che la ricentralizzazione sia la ricetta per i mali del sistema, sfasciando anche l’autonomia di chi sa farla funzionare». Renzi ha seppellito definitivamente federalismo fiscale e costi standard per rimettere tutto (letteralmente tutto) nelle mani dello Stato. E la chiamano rottamazione. (Tempi.it)

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