Milano 15 Novembre – Prosegue la caccia all’uomo che giovedì sera ha accoltellato Nathan Graff, ebreo di 40 anni, in via San Gimignano a Milano. Gli inquirenti per ora non escludono alcuna ipotesi, compresa quella di un’aggressione dal movente razziale o politico. Finora, però, non ci sono state rivendicazioni e gli inquirenti stanno cercando elementi concreti a riscontro dell’ipotesi di un attacco a sfondo antisemita. Sono al vaglio degli agenti della Digos di Milano, quindi, le immagini delle telecamere di videosorveglianzainstallate nella zona, un quartiere dove abitano numerosi ebrei.
Gli investigatori hanno raccolto anche le testimonianze di alcune persone presenti quando è avvenuta l’aggressione compiuta, secondo le descrizioni, da un uomo con capelli e carnagione chiara. Ha sorpreso l’uomo alle spalle e, dopo averlo accoltellato senza pronunciare alcuna frase, si èallontanato a piedi. Graff, cittadino israeliano residente a Milano da tre anni, è stato ascoltato dalla Digos. Resta ricoverato all’ospedale Niguarda di Milano e non è in pericolo di vita. Intanto il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli, che coordina il pool anti-terrorismo della Procura di Milano e ieri ha aperto un’inchiesta con l’ipotesi di reato di tentato omicidio volontario, resta in costante contatto con la Digos.
GRAFF: VOLEVA UCCIDERMI – “Voleva uccidermi. Non era una rapina, non voleva portarmi via niente. Se no lo avrebbe fatto. Ho pensato che non era un ladro ma solo un fanatico che mi voleva ammazzare perché sono ebreo” ha detto Nathan Graff, la vittima dell’accoltellamento in via San Gimignano a Milano. Un quartiere sconvolto, spaventato da quanto accaduto. “Camminavo e quell’uomo mi ha assalito alle spalle, e ha iniziato a ferirmi col coltello”, racconta. “Mi sono girato, ho cercato di difendermi. Per un po’ ci sono riuscito, poi sono caduto a terra. Prima sul marciapiede, poi sulla strada». Graff dice di non aver visto niente del suo aggressore, e di aver “cercato solo di schivare le coltellate”. “Non voglio e non posso accusare nessuno”, aggiunge, “ma credo che quell’uomo aveva un solo obiettivo: ammazzare un ebreo ortodosso. Colpire la nostra comunità qui a Milano. Spaventarci”. “I militari ce li abbiamo da maggio, da quando è iniziato l’Expo. Ma se ti colpiscono per strada, alle otto di sera, improvvisamente, mentre torni dal lavoro, i militari cosa possono fare?”
LA MOGLIE – “Ho ricevuto in regalo mio marito giovedì sera e di questa sono grata a Shem, il nostro dio, che ci ha fatto questo grande dono”. Lo ha detto la moglie di Nathan Graff, accettando di parlare con i giornalisti nel corridoio dell’ospedale di Niguarda, dove è ricoverato il marito, a condizione di non essere ripresa e fotografata. “Lui sta meglio ma è un pò irrequieto – ha aggiunto – , ora abbiamo paura di tornare a casa, credo che ci sentiremo sempre insicuri”.
La donna, che è nata a Milano e suo padre, un rabbino che vive in Italia da 50 anni, non ha nascosto la sua apprensione e i timori per il futuro. «Quello che mi preoccupa ora sono le ferite emotive, le paure che mio marito potrà avere in futuro, anche semplicemente camminando sotto casa, quelle chissà se e quando guariranno – ha aggiunto – Si è trattato di un atto di antisemitismo, ne siamo convinti, ma sappiamo anche che non rimarremo soli, perché la nostra comunità è molto unita e calorosa». Dei fatti di Parigi la signora sa poco. «Mi hanno detto qualcosa le infermiere, io non posso guardare la tv, devo rispettare lo Shabbat», e chiede aggiornamenti. «Un centinaio di morti al Bataclan? Ci andavo spesso, ho studio a Parigi – commenta -. Questa ondata di violenza è tremenda, nessuno può sentirsi sicuro in nessun luogo». Ora però il pensiero è rivolto al futuro: «Tornati a casa ci occuperemo di mio marito, cercheremo di farlo sentire al sicuro, di rafforzarlo moralmente e fisicamente. Ora è il momento di percepire quello che è successo, di esprimere gratitudine a Dio». (Corriere Milano)
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