Il Califfato non è un prodotto occidentale

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Milano 16 Novembre – Per combattere un nemico lo si deve conoscere. Per conoscerlo si deve accettare, in primis, di rinunciare ai paragoni semplificatori. L’Isis, per dirne una, non ha nulla oggi in comune con Al Qaida. Sembrerà strano, ma non potrebbero esserci due gruppi più diversi. Questa differenza è una chiave per capire il nostro nemico. Qui potete trovare la fonte delle informazioni: http://www.theatlantic.com/magazine/archive/2015/03/what-isis-really-wants/384980/

Iniziamo da Al Qaida. Come organizzazione esiste ancora dopo la morte del fondatore. Che, in quanto morto, è rispettato anche dall’Isis. La differenza tra le due organizzazioni è vitale. Al Qaida è un network di gruppi terroristici che agisce portando avanti tematiche di tipo politico. Fuori gli Americani dalla penisola Arabica. Morte ad Israele. Sono cose che possiamo capire. Ha una struttura politica che non si può distruggere con il colpo di maglio di Von Clausewitz. Certo, sono Salafiti e certo per loro la fede è fondamentale. Ma i loro obiettivi appartengono a questo millennio. Sono, in certo senso, comprensibili. Ed abbiamo probabilmente sbagliato a credere che per sconfiggerli bastasse distruggere i loro santuari. Erano preparati a questo. Teniamolo a mente, questo è il punto vitale.

Ora l’Isis. Innanzitutto, l’Isis è la culla del califfato. Il Califfato è una struttura politica, religiosa ed economica che ha radici Coraniche. E’ l’unità spirituale ideale del Mondo Islamico, laddove la Umma è quella di necessità. Ovvero, il momento migliore della storia, per un Mussulmano, è quando c’è un Califfato. Perchè? Perchè ogni fedele può adempiere al suo dovere di baya’a, la sequela del califfato. Chi non la fa, muore nell’ignoranza qualcosa di molto simile a morire nel peccato. In sostanza, si dice che il Califfato è il centro morale e spirituale del Mondo Islamico. In questo luogo, che tutti i Mussulmani devono aiutare ad espandere, si devono rispettare non solo la Sharia in maniera letterale (incluso il taglio delle mani ai ladri e cose del genere), ma anche tutti i precetti teologici dell’Islam com’era alle origini. Anche in campo sociale ed economico. Non farlo, per un Mussulmano, è apostasia. L’apostasia porta diretti alla morte. Questo ci porta a tre riflessioni:

  • Il flusso di combattenti stranieri è determinato da scelte religiose, non politiche. Emigrano là per una certezza di vita eterna. Non per ottenere qualcosa. E ci vanno perchè pensano, come insegnano i loro Imam, che a Dabiq si scontreranno contro le “armate di Roma”. E vinceranno. E poi via, diretti alla fine del Mondo. Non sono, lo ripeto, militanti politici. Sono fedeli in armi. E non sono pazzi fanatici con la bava alla bocca. Sono persone che hanno studiato il Corano.
  • I loro primi nemici non siamo noi, ma i loro vicini. Mussulmani. Apostati, per loro. Noi entriamo in gioco sullo sfondo come bersagli utili a raccogliere simpatie ed adesioni. Ma gli Sciiti, per esempio, sono più odiati dei Cristiani che vivono sotto di loro. Sono tutte cose da sapere, perchè ci indicano possibili alleati. E potrebbero facilitare un Islam moderato, convinto che il baya’a sia qualcosa di spirituale e non materiale. E che eviterebbero volentieri di morire per questo.
  • Se lo spazziamo via viene meno la sua ragion d’essere. Non esiste Califfato senza territorio. In alternativa, se lo blocchiamo abbastanza a lungo la fede in esso scemerebbe. Cioè si sconfigge nella maniera in cui abbiamo combattuto Al Qaida in Afghanistan ed Iraq. Purtroppo non abbiamo un Bush alla Casa Bianca…

I due gruppi, peraltro, si odiano perché Al Qaida ha rifiutato la baya’a nei confronti del Califfato. Dovesse cambiare questo, la situazione diventerebbe incandescente. Per dire. Forse non abbiamo più moltissimo tempo per intervenire…

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