Milano 16 Novembre – #PrayForParis. Internet si costella di inni alla preghiera, pagine cariche d’umanità e vicinanza. Lì accanto fa capolino il simbolo della pace con all’interno stilizzata la Torre Eiffel, una bella mano, quella che l’ha tratteggiato. Mentre cresce di minuto in minuto la polemica sulla prima pagina di Libero: “Bastardi islamici” e la realizzi che stamani molti colleghi (e no) hanno decisamente le priorità invertite, se su tutte vince la fame d’un dibattito sull’etica del giornalismo nostrano. Che, per inciso, la prima del giornale di Belpietro è un urlo, alla Libero, più centrato di altri. Roba che quando il Manifesto ha piazzato la foto di un bimbo morto il prima – “Niente asilo” – nessuno ha fatto una piega. Ma questa è un’altra storia, che sa di partigianeria e ideologia, francamente stucchevole.
Torna e ritorna quel #PrayForParis, uniti per la pace, insieme alle antenne che si drizzano in attesa di eventuali slanci razzisti da condannare pubblicamente. E l’unica cosa che nessuno dice di colpo t’assesta un ceffone in volto: la pace non è gratis, non lo è mai stata e non le sono mai bastate le Ave Maria. Parigi ieri era pacifica, immensamente bella nella sua quotidianità, nelle sue periferie costellate di musulmani parigini non-terroristi, nel suo centro che non ti chiede in cosa credi ma prova a smerciarti libertà. Parigi era grandissima nel suo essere romanticamente fiera terra dei lumi. Eppure è stata violentata nella sua routine, nei luoghi delle nostre vite, nei ristoranti di cui ricordiamo il profumo, nel teatro di cui riconosci le sedute, allo stadio. Chi ha coscienza (e molti di quelli che straparlano non l’hanno) di cosa sia la guerra la rifugge. Orfani, esistenze maciullate, sangue, ogni genere di bassezza. Morte, in definitiva. Chiunque conosca la guerra la lotta, agogna un mondo che ne sia privo. Già, ma la pace non è gratis. Non lo è stata quando i parigini hanno lottato contro l’eccidio degli ebrei, quando hanno fatto quello che noi minuscoli italiani non siamo stati in grado di fare: rifiutato Hitler. Quando migliaia e migliaia di giovani americani morivano sulle spiagge di Normandia per liberarci da un cancro che l’Europa aveva figliato. Vogliamo l’invasione di terre lontane per sete di vendetta? Tutti gli islamici sono il male? Per Dio, no. Anche volendo ammettere la tesi che vuole l’Isis sia figlio pure di errori occidentali, che l’integralismo e l’estremismo islamico in generale siano stati anche potenziati da politiche a volte sbagliate, cosa che qualche intellò autolesionista cerca di smerciare come alibi e verità, rimane un dato incontrovertibile: oggi un pezzo di Islam è violento e non riconosce dialogo, non vuole dibattere con noi, trovare una quadra, vuoleestinguere l’Occidente in favore di una sharia imperante. E per farlo sfonda i nostri confini, a casa sua sgozza bimbi a ripetizione, qui spara a centinaia di persone, annichilisce redazioni di giornali, sgretola ogni speranza di domani maciullando civili. Quell’Islam ci ha dichiarato guerra, una guerra che non conosce trincee ma innocenza sventrata.
Allora io non voglio pregare, non voglio farlo perché non conosco abbastanza la Fede per farlo. Non voglio pregare al prossimo attentato, non voglio pregare per le cene di giovani innamorati interrotte dai proiettili. Non voglio pregare se il Duomo di Milano salterà in aria, non voglio pregare per gli aerei caduti, non voglio pregare per le metropolitane insanguinate. Non voglio pregare per l’ennesimo sfregio a Parigi, come non volevo pregare per Madrid e Londra. Non voglio pregare se andrà come molti cinicamente auguranti dicono: il Giubileo si trasformerà in mucchi di cadaveri. Non voglio pregare perché voglio siano fermati prima, che esistano un modello e un finale migliore. Non voglio pregare per un’Occidente trivellato perché in quell’Occidente credo dannatamente, ché è l’angolo di civiltà che ha messo al centro l’uomo con tutti i suoi bisogni, i suoi sogni, le sue libertà. Non voglio pregare perché non voglio altri morti. E so che questo non sarà gratis, la pace non è mai gratis. Se ti dichiarano guerra e non inizi a difendere la pace, se non scegli che i tuoi civili non debbano poter essere maciullati avrai comunque la guerra, a un prezzo ben più caro. Oggi non prego, inizio a combattere, per avere la pace domani. Una pace che i morti di Parigi non hanno, che non può essere riversata sulle strade parigine ora. Una pace che va riguadagnata proprio in nome degli afflitti e di chi non intende divenir tale.
Federica Dato (L’Intraprendente)
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