Milano 18 Novembre – Siamo un Paese credibilissimo. All’estero ci credono così tanto che appena gli mandiamo due numeri appena appena in ordine si chiedono tutti dove stia il trucco. Al momento la situazione è questa: l’Ue prevede tre casi in cui si possa sforare il deficit. O meglio, tre categorie di investimenti che non vengono contate nel deficit. Investimenti e deficit, nella fattispecie. Viene inserito anche un bonus per le riforme. Tutte queste eccezioni si riferiscono all’obiettivo, ormai sempre più distante nella pratica, del pareggio di bilancio. E qui urge una prima nota. Ormai il pareggio di bilancio pare il nemico pubblico numero uno. Probabilmente perchè riguarda la categoria mentale della serietà. La Kriptonite di un paese pressapochista come il nostro. Il debito è la maledizione più atroce che si possa imporre ad un paese. Inizialmente invisibile, colpisce gli indifesi per natura. I nostri figli. Ed i loro figli. E così per generazioni. Una nazione può anche perdere una guerra e rialzarsi, ma nessuno stato può condannare intere generazioni alla schiavitù verso i creditori e sperare di avere un futuro libero e prospero. A questo servono le norme sulla stabilità. La cosiddetta austerità è solo accollarsi il peso del debito dei nostri padri per non scaricarlo sui nostri figli. Cosa ci sia di diabolico lo sanno solo quelli di estrema destra ed estrema sinistra. Peraltro questi meccanismi hanno sempre delle scappatoie. E noi, come sempre, ci buttiamo in esse banchettando come se non vi fosse domani. Delle tre voci sopra riportati solo noi possiamo godere appieno. Anche se sui migranti un paio di dubbi che spediamo effettivamente quella cifra restano. Ci rimandano, in sostanza a Marzo. Per una verifica, dice Moscovici. Chi scrive ha un’opinione differente. Ci rimandano a danzare al Gran Ballo dell’Ipocrisia. Dove saremo chiamati a dimostrare di saper portare con gusto la maschera di virtù, per coprire un volto butterato dalla sifilide, il marchio dei dissoluti di ogni epoca.
A Marzo dovremo dimostrare, in sostanza, che la spesa pubblica funziona. Qui ci dobbiamo capire. Delle due l’una. O Keynes, che è anche l’ispiratore della formula del calcolo del Pil, ha ragione o non ce l’ha. Se ce l’ha allora la spesa pubblica ha SEMPRE una funzione espansiva del Pil, quindi quanto più si spende tanto meglio si vive. Oppure hanno ragione i vari Von Mises e gli altri autori liberisti, e la spesa pubblica sottrae risorse ai privati per sprecarle. Le soluzioni intermedie, concettualmente, riescono nella mirabile impresa di mettere insieme il peggio dei due sistemi. Ovvero spendere un sacco, sapendo di rubare risorse al ciclo produttivo, ma sperando, miracolosamente, di azzeccare gli investimenti e stimolare il mercato. Io propendo per dar ragione a Von Mises e direi che i paesi in via di sviluppo, oggi molti di questi sono più che altro sulla via del collasso, si vedano Brasile e Cina come esempio, sono un caso lampante. La spesa pubblica, pompata da una tassazione sempre maggiore sul lavoro, che quindi ha visto il suo costo aumentare, stanno soffrendo. A tutto vantaggio di quei paesi con ancora pochissime tasse ed una manodopera a buon prezzo. A dimostrazione che dove lo Stato si impiccia crea solo danni.
Il problema è che se l’Ue ammettesse che questo ragionamento è corretto manderebbe a remengo trent’anni di politiche comunitarie. Quindi noi ci presenteremo butterati e orrendi, come l’immagine del quadro di Dorian Grey, ma per magia il maquillage e le maschere ci riporteranno allo stato di giovin signori. E potremo tranquillamente far la corte a qualche bella dama che passa di là. Contribuendo a diffondere la sifilide, lasciando gli sgomenti medici del futuro a domandarsi quale potesse essere la causa di tanta distruzione ed immoralità.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,