A Varese un eroe ha detto no all’Isis. Ma non ve lo dirà nessuno.

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Milano 19 Novembre – Il 16 Novembre, ma la notizia ha iniziato a girare ieri sui social, a Varese sei ragazze Islamiche ed un ragazzo, della medesima fede, si sono trovati a dover fare un minuto di silenzio in onore delle vittime di Parigi. Sei ragazze sono uscite dall’aula, dissociandosi. Sono state immediatamente segnalate alla digos ed alle altre forze dell’ordine. Questa è metà della notizia. Una metà triste. Una metà pericolosa. Una metà che per essere condannata in tutti i suoi aspetti va compresa fino in fondo. Un passo indietro. Lo stato Islamico nasce, teologicamente, nel mondo del Wahabismo, una forma di Islam Sunnita fondamentalista. Questa dottrina ha due cardini che ci interessano: manca un’autorità religiosa centralizzata ed è estremamente intollerante all’interno, verso gli altri Islamici. Uno dei pilastri del Wahabismo è la dottrina del takfir, la scomunica. So che non siete colpiti. Beh, dovreste esserlo. Chi è colpito da takfir va ucciso. Un altro pilastro è il baya’a, la dichiarazione di fedeltà al Califfato. Che per l’Isis, ovviamente, vuol dire a loro. Il baya’a è obbligatorio. Se non lo fai, arriva il takfir. Quindi, ricapitoliamo. Le sei ragazze, se fossero restate, avrebbero dimostrato un comportamento contrario al baya’a. tato2.1Avrebbero rischiato il takfir. Ora attendiamo. Si spera che di fronte a questi comportamenti ci si comporti con durezza. Espulsione è la soluzione che probabilmente spiegherebbe meglio la gravità dell’atteggiamento.

Ma è solo metà della storia. Dentro l’aula è rimasto un ragazzo. Islamico. Che non ha avuto paura. O meglio, forse ne ha avuta. Forse ne ha. Forse ne avrà per tutta la vita. Eppure, oggi come speriamo domani, è rimasto dentro. Ha taciuto. Poi ha parlato, ha condannato la strage. E facendo così ha chiesto al Califfato, gentilmente, di ammazzare anche lui. Di essere pronto, da quel giorno in poi, a morire a fianco dei suoi compagni. Di rinunciare ad una salvezza tramite la purezza del massacro. Tutto questo ha dichiarato, ai suoi compagni. Ha detto di voler lottare per loro. Per se stesso. Ed è un eroe. Nessuno a sedici anni andrebbe chiamato a scelte così drammatiche. Drastiche. Prive di ritorno.

Ecco perché le sei ragazze uscite di classe vanno condannate due volte. Hanno voltato le spalle agli innocenti per compiacere i carnefici. Ma soprattutto, prima di tutto e in maniera così grave da essere imperdonabile, hanno lasciato da solo quel ragazzo. Hanno tradito il fratello. Non credo siano Jihadiste. Credo siano fiancheggiatrici, ma solo nel senso più ampio del termine. Sono la condizione perché il terrore cresca: il terreno fertile, la casa ospitale, la rete di protezione dei terroristi. Sono, quindi, il primo e più importante presidio da smantellare. Anche e soprattutto per difendere quelli che seguiranno l’esempio di quel giovane eroe. Non essere circondati da spie vuol dire vivere meglio. E più a lungo.

 

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