Milano 20 Novembre – Sono giornate convulse, piene di notizie che arrivano dalla Francia: il terrorismo islamico è sbarcato in maniera violenta e organizzata in Europa. Le nostre vite da venerdì scorso sono sempre più condizionate in tutto. Ammettiamolo: chi di noi uscendo di casa non pensa alla propria destinazione e ai rischi che potrebbe incorrere prendendo mezzi pubblici o frequentando locali, ristoranti, centri commerciali? Siamo consci che da venerdì scorso non esistono più obiettivi sensibili, ogni locale pubblico, ristorante o teatro può essere obiettivo di questi farabutti che uccidono in nome di un dio diverso da quello di qualsiasi religione. Anche di quella mussulmana vera e moderata, che in realtà condanna la violenza e la morte. Questi terroristi sono dei pazzi lucidi, che usano il loro testo sacro a scopo bellico interpretandolo in maniera estrema e violenta. Non voglio addentrarmi troppo sulle ragioni e sulle delicate questioni di questo genere di terrorismo, ma sulle conseguenze che queste azioni provocano nella vita di tutti noi.
Viaggio molto per lavoro soprattutto sull’asse Italia Inghilterra. I miei pensieri iniziano quando al mattino presto mi trovo a Malpensa nella lunga coda per i controlli di sicurezza. Come al solito i miei pensieri vanno all’inefficienza italiana: i flussi e le code rientrano ormai nei “prodotti tipici” del nostro paese. Durante i controlli sono uno dei pochi che spera di essere perquisito a fondo. Si, penso che se i controllori sono puntigliosi e pignoli con il sottoscritto, lo sono anche con il resto dei passeggeri che potrebbero essere sul mio stesso volo. Poi in aereo sono quasi sempre seduto nelle prime file, e il mio sguardo è attento a osservare i “compagni di viaggio” che accedono alla ricerca del proprio posto. Inutile negare che guardo ogni faccia, e cerco di analizzare la provenienza etnica. I visi mediorientali e arabeggianti sono quelli che m’intimoriscono di più. Poi osservo fuori dal finestrino gli addetti allo stivaggio dei bagagli e e il mio pensiero va al volo esploso sul Sinai qualche giorno fa. Si dice che probabilmente un esplosivo è stato inserito proprio nella stiva insieme alle valige…
Questo è un piccolo esempio di come il terrorismo fa breccia nella mia mente e di come la condiziona. Tuttavia anche a Milano evito il più possibile di usare la metropolitana se non strettamente necessaria, non metto piede nei grandi magazzini del centro e non mi piace l’idea di andare al cinema. Tutte cose che ho sempre fatto volentieri e senza pensieri. La tensione è alta in tutta Europa. Ho parlato con conoscenti in Inghilterra che da venerdì non escono di casa, a Parigi lo scoppio di un petardo crea panico per le strade. A Roma è alta la tensione per il Giubileo alle porte. Il livello di allerta è stato alzato, e la tensione si respira ovunque.
In molti in questi giorni abbiamo guardato la televisione alla ricerca di rassicurazioni circa l’incolumità per noi Italiani. Prendo a campione Porta a Porta dove si è assistito alla recita del ministro degli interni che esalta i piani di prevenzione messi in atto dal nostro governo, e al leader dell’opposizione che screditava violentemente e sul piano personale l’operato del ministro stesso. Non entro nel merito di questioni politiche e su chi abbia ragione, tuttavia credo che in questo momento di scuotimento e angoscia i nostri politici dovrebbero dare un’immagine di coerenza e rassicurazione uniforme. Queste tensioni e questi conflitti verbali in prima serata dividono solamente il paese e creano ulteriori attriti fra cittadini già turbati dal terrorismo sempre più vicino. Ora più che mai abbiamo bisogno di condizionamenti costruttivi che ci aiutino ad affrontare la nostra quotidianità con minore tensione.
Scompiglio politico, terrore e perdita di controllo sono gli obiettivi principali dei terroristi, al di la delle centinaia di morti provocate durante gli attacchi. Coesione, controllo e unità d’intenti, è forse l’arma più forte che un Paese dovrebbe cercare nella lotta al terrore. Non lasciamoci condizionare dai terroristi, ma nemmeno dai dibattiti violenti in tv o dai titoli delle prime pagine eccessive di qualche quotidiano all’indomani della strage.
Matteo Aletti
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