Milano 22 novembre – «Difendere i confini esterni dell’Europa è l’unico modo per conservare la libertà di movimento dei nostri cittadini, che non può essere messa a rischio dall’incapacità degli Stati della Ue di controllare chi va e viene dalle località sospette». Laura Ravetto, deputata di Forza Italia e presidente del Comitato Schengen, saluta con favore l’impegno annunciato ieri dal Consiglio Ue della Giustizia e degli Affari interni riunitosi a Bruxelles.
Onorevole Ravetto, è giusto che l’Europa blindi i confini esterni?
«Assolutamente sì, Valls e Hollande hanno ribadito la necessità di una scelta che io sollecito da molto tempo. Senza un potenziamento del controllo delle frontiere esterne dell’area Schengen lo stesso accordo di Schengen sulla libera circolazione all’interno della Ue sarebbe stato in discussione».
Può spiegarsi meglio?
«Il punto non è mai stato quello di ripristinare i controlli tra gli stessi Stati della Ue. E non solo perché una “disunione europea” finirebbe con l’indebolirci contro una minaccia come il terrorismo. Una scelta del genere, infatti, non avrebbe impedito gli attentati del 13 novembre, perché a compierli sono stati cittadini francesi, a volte addirittura di terza generazione. Il punto, invece, è che quei francesi erano stati tutti almeno una volta in Siria, e uno di loro addirittura otto volte. È assurdo che queste persone abbiamo potuto viaggiare dalla Francia alla Siria – e ritorno – senza che nessuno gli abbia mai chiesto il motivo di quegli spostamenti».
Non si rischia, così, di sacrificare la libertà di movimento dei cittadini europei?
«È vero il contrario. Io non sono disponibile a sacrificare quella libertà a causa dell’incapacità dell’Europa di controllare bene le sue frontiere esterne e dell’incapacità dei suoi Stati di scambiarsi le dovute informazioni sui viaggiatori che hanno atteggiamenti sospetti».
Lei sarebbe andata oltre?
«Io ritengo necessaria la creazione di un database comune tra gli Stati europei grazie al quale sia possibile registrare chi prende voli per le frontiere esterne e poi ritorna nella Ue. Un maggiore scambio di informazioni che potrebbe essere definito una Schengen dell’Intelligence. La stessa Commissione Ue ha più volte avanzato questa proposta, che è sempre stata respinta adducendo ridicole ragioni di privacy. Al contrario, per quanto mi riguarda, vedrei con favore l’istituzione di un sistema di difesa europeo. Voglio essere chiara: se non si arriverà a quella che io ho definito “Schengen dell’intelligence” ad essere sacrificata sarà la stessa Schengen. E un’Europa di fatto non esisterebbe più. Non vedo quale potrebbe essere la convenienza degli Stati, e in particolare dell’Italia, a restare in un’Unione Europea che non sarebbe più libera circolazione ma solo moneta unica e patto di stabilità».
Ora che l’area di Schengen rinforzerà i confini esterni, ci sono altri trattati da «aggiornare» a causa dell’allarme terrorismo?
«Di certo la libera circolazione sarebbe a rischio anche se non si modificasse il trattato di Dublino. Il concetto di Stato di primo approdo, infatti, potrebbe far sì che alcuni Paesi si permettano di sostenere che l’Italia – e solo lei – debba rimanere fuori dall’area Schengen. Ci sono state indiscrezioni su una proposta simile avanzata dall’Olanda. Mi auguro che non sia vero e mi informerò personalmente con l’ambasciatore olandese».
C’è qualcosa che non le è piaciuto del comportamento del governo italiano in queste ultime settimane?
«Io credo che in momenti come questi la polemica politica sia assolutamente da evitare. Da presidente del Comitato Schengen continuerò semplicemente a sollecitare il governo a mettere in atto le strategie che ritengo più utili alla causa. Tuttavia invito la maggioranza a riflettere sul modo troppo frettoloso con il quale si sta discutendo in Parlamento di Ius Soli. Vogliamo per caso replicare in Italia un modello che in Francia ha dimostrato di non funzionare? La politica europea dell’integrazione ha fallito. A volte sono gli immigrati a non volersi integrare, o magari siamo noi che non siamo nelle condizioni di poterli assimilare nella nostra società. Siamo sicuri che sia il caso di regalare passaporti a tutti?».
Carlantonio Solimene (Il Tempo)
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