Milano 28 Novembre – Li metti a confronto, lui con la sua zazzera grigio-bianca e il suo volto asimmetrico, e lei con la sua chioma nero corvino e il fascino serioso e disarmante. Basterebbe un parallelo estetico, viziato naturalmente dal nostro essere maschi ed etero e amanti della bellezza, per sapere chi scegliere tra Beppe Severgnini e Oriana Fallaci. Ma noi non ci fermiamo certo al volto e a ciò che ci comunica d’impatto, preferiamo andar più a fondo e scavare nel loro profilo bibliografico, imbattendoci per contrasto da un lato nel fondamentale Italians e nella trilogia imperdibile sugli Interismi (roba ghiottissima, poi, per degli juventini come noi…); dall’altra in libri che hanno segnato davvero la nostra civiltà a cavallo tra un millennio e l’altro, romanzi e pamphlet di denuncia e insieme carichi di profezia, come Insciallah e La rabbia e l’orgoglio. E allora, da lettori dotati di giudizio critico, davanti a questo bivio, disponendo idealmente del bonus di 500 euro messo a disposizione da Renzi, sapremmo indubbiamente cosa scegliere e chi comprare…
Ma il mercato è libero e ognuno scrive ciò che vuole e pubblica quello che meglio crede. Il problema è quando uno la fa fuori dal vaso, si occupa delle questioni dell’altro e prova a fare il tuttologo, invadendo il campo, magari proprio mentre parla di “guerre di invasione”. Ed è il caso appunto di Beppe Severgnini, che sarà pure massimo esperto di grammatica italiana, fine conoscitore dei costumi di vita british e analista supremo delle disgrazie e resurrezioni della Beneamata, ma non si può esattamente definire, ecco, competente in vicende geopolitiche, islam e dintorni. Eppure, dall’alto del suo pulpito spocchioso (che ama fingersi empatico e simpatico), si mette a sputar sentenze sulla Fallaci e sulla guerra al terrorismo e sull’opportunità dell’Italia e dell’Occidente di non intervenire, oltreché a fornire ricette gustosissime (prendete appunti, amici) su come si combatte davvero l’Isis.
Perché, teorizza l’esperto di relazioni internazionali Severgnini, non si risolve certo il problema terrorismo facendo la guerra agli estremisti e bombardando le roccaforti del Califfo. Ma no, così – ci illumina ancora il dotto Beppe – si fa il gioco dell’Isis, non si fa che saldare gli “islamisti assassini” ai “musulmani pacifici”. In pratica, continua Beppe, le bombe, anziché isolare i cattivi e colpire i fanatici, aiutano a rendere tutti assassini, pure quelli che erano buoni. È questo l’errore in cui sono cascati molti leader occidentali dopo l’11 settembre ed è questo l’abbaglio – sostiene sempre il Nostro – che ha accecato la Fallaci, «un errore di giudizio che ha commesso, esasperata».
Per questo, anziché difenderci e attaccare e colpire con le bombe, come voleva la Fallaci – e qui il passaggio è davvero folgorante – bisogna bombardare con la propaganda, ché alla lunga l’Isis morirà da solo, in quanto “saranno i sudditi a cacciare gli schiavisti islamisti”. Per dare forza a questa argomentazione, che traballa mica poco, Severgnini vorrebbe appellarsi alla metafora con il nazismo già evocata da Martin Amis, visto che lo Stato Islamico ha la sua stessa “capacità di conquistare alle rispettive cause i più deboli, frustrati e ignoranti”. Ma qui casca l’asino, cioè Severgnini. Se il parallelo regge, allora bisognerebbe ricordare che i tedeschi non si sono mai ribellati al nazismo, non sono mai scesi in armi contro Hitler, ma anzi lo hanno votato democraticamente e hanno creduto nella sua missione praticamente fino alla disfatta di Berlino. Per la stessa ragione è inverosimile, come sostiene Beppe, che i “sudditi” si ribellino agli “schiavisti”, che il popolo siriano e iracheno oggi soggetto allo Stato Islamico rovesci il potere adesso egemone nelle loro terre. Molti dei cosiddetti “sudditi” infatti sono affiliati, altri indottrinati, buona parte di loro convinti che quella sia lacausa giusta da combattere. Si è creata un’unione tra Corano, Califfo e Popolo che legittima sia dall’alto (Dio) che dal basso (la gente) la missione storica dello Stato Islamico.
Per rompere quell’asse non si può allora aspettare che imploda, ma bisogna attaccarlo, appunto come fecero Churchill e Roosevelt ai bei tempi. E come predicava la cara vecchia Oriana, che non era affatto esasperata, come dice Beppe, ma lucida e lungimirante. Perché aveva capito prima di tutti gli altri che c’è una guerra in corso. E le guerre si combattono con le bombe e non con gli articoli evanescenti di Severgnini.
Gianluca Veneziani (L’Intraprendete)
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845