Milano 29 Novembre – Accademia del crimine, una specie di Università per essere addestrati a rapinare in modo efficace e fulmineo, nelle migliori gioiellerie. Un’Accademia che sapeva scientemente pianificare e prevedere. Riferisce Andrea Galli sul Corriere “Ci sono fotogrammi che raccontano molto, nell’inchiesta del pm Enrico Pavone e della squadra Mobile diretta da Alessandro Giuliano sull’«accademia» del crimine, nome scelto dal capo delle batterie di giovanissimi romeni, spesso abbandonati dalle famiglie, addestrati militarmente e allevati per compiere rapine fulminee e violente nelle migliori gioiellerie d’Europa. Londra, Zurigo, Parigi o Milano, nel negozio «Pisa» di via Verri lo scorso dicembre, un minuto e venti secondi con pistole, machete e asce per portare via 55 orologi da 822mila euro. I fotogrammi provengono da telecamere nascoste nella stanza di un albergo di Cremona, altra ricca città «meta» di sopralluoghi nell’eventualità di colpi, peraltro poi mai verificatisi per dubbi dei banditi, oppure perché i «soldati» sentivano intorno un’aria strana e magari presagivano che gli investigatori fossero vicini. Ora, non è tanto quello che i fotogrammi documentano, quattro ragazzi in mutande, dai muscoli scolpiti e dai capelli corti che sui letti se la raccontano; l’elemento «particolare» è il fatto stesso che si trovassero in un hotel.
L’«accademia» lo proibiva tassativamente: alla vigilia degli agguati bisognava evitare luoghi pubblici e, come successo proprio a Milano nei boschi di Rogoredo, nascondersi nelle periferie, fra gli alberi, piantare tende, scavare una prima buca da usare come latrina, una seconda per nascondere i mozziconi di sigarette (al fine di non far trovare tracce di Dna) e una terza buca, assai lontana dal covo, anche chilometri, per imboscare abiti, armi, zaini. E invece, è stato scelto un albergo” Ironizza giustamente il Corriere “Chissà, forse i banditi si erano «imborghesiti»; forse pensavano che finalmente, ormai «cresciuti» in esperienza, carattere e «professionalità», potessero concedersi libertà ed eccezioni. Non lo sapremo mai. In galera i ragazzi tacciono, fedeli – in questo caso sì – a uno dei comandamenti: «Stai attento in carcere, ci sono microfoni e spie; non parlare con nessuno».
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