Milano 29 Novembre – La Corte di Strasburgo ha dato ragione al giudice che in Francia ha licenziato una donna che rifiutava di togliere il niqab in ufficio. In compenso, sempre in Francia è spuntato, da ultimo, un “vademecum” chiamato della “laicità”, che sul Natale è per la rimozione dei simboli non rispettosi della “laicità”, cioè in pratica bisogna togliere albero e Gesù bambino a Natale. Mentre cioè gli integralisti jihadisti massacrano i francesi tra cui vi sono islamici stessi francesi, e mentre la Francia è in guerra e bombarda in Siria al fianco della Russia non si sa a questo punto se con o contro Assad, i francesi sono ancora lì ad interrogarsi se sia il caso di vietare o no il velo integrale delle islamiche anacronistiche, se ciò sia poco civile o carino o altro.
La Francia di Hollande è un Paese oggi estremamente confuso, il quale, tra i massacri subiti, da Charlie Hebdo al Bataclan, non sa a chi fare la guerra, contro chi, e, in Patria, non sa decidere se essere velati di nero fino ai piedi sia giusto o cosa. Il Canton Ticino in Svizzera, che dista poco meno di trenta chilometri da Milano, ha vietato del tutto i veli islamici stabilendo la multa di diecimila euro a chi li indossa. Dunque divieto assoluto di burqa o niqab, sia per le donne residenti che per le turiste. E in caso di violazione del divieto, seguono diecimila euro di multa. Personalmente quando domani troverò in giro per Roma, turista o non, una donna velata, chiamerò la polizia, per vedere cosa succede in Italia, e cosa farà il giudice. Ne ho già viste alcune portate al guinzaglio dal marito, scoperto ovviamente, che circolano, e ritengo anche sia un bene che circolino perché portano soldi al turismo italiano ma devono farlo, qui da noi, scoperte perché, come si dice, Paese che vai usanza che trovi. Quindi, qui ti scopri, altrimenti è meglio per tutti noi rinunciare ai soldi dei turisti perché con quelli arrivano pure integralismo, fondamentalismo, terrorismo, attentati e bombe. Dunque meglio nessun velo nei dintorni.
Il Canton Ticino è vicino all’Italia. Gli svizzeri hanno sempre saputo fare bene i propri interessi, e così è giusto cercare di fare lo stesso in Italia. Dopo un referendum approvato pochi mesi fa con il voto favorevole di due terzi degli aventi diritto, il Canton Ticino, che è il cantone elvetico di lingua italiana, ha approvato la legge che vieta del tutto i veli musulmani. Dall’Algeria è arrivato immantinente l’imprenditore ricco, tale Rachid Nekkaz, il quale ha lanciato un appello su Internet per la conservazione della schiavitù materiale e fisica delle donne, tali e quali cioè a come devono piacere a lui, ed ha promesso di pagare lui tutte le multe invitando le donne islamiche del Ticino a violare la legge anti-burqa.
Riassumendo, possiamo fare così: applichiamo da noi in maniera ferrea la legge che già lo prevede del divieto assoluto del burqa e omologhe nefandezze, e stiamo attenti e vigili a riscuotere le nostre multe dallo schiavista miliardario algerino, così quello che non riusciamo a guadagnare con il turismo delle velate lo facciamo con l’algerino becero. Pare che Nekkaz abbia già “rimborsato” e risarcito delle contravvenzioni anti-burqa donne francesi, olandesi e belghe, e che adesso si occuperà anche delle svizzere. Concediamogli dunque il piacere di rimpinguare anche le nostre casse italiane. Cogliamo l’attimo del rinsavimento che giunge da Venezia, ove la stessa Procura ha invocato che “il velo islamico va vietato”.
Il procuratore aggiunto Carlo Nordio ne ha invocato il bando per ragioni di sicurezza: “So che in Francia per una legge analoga ci furono proteste, ma chi viene qui deve adeguarsi alle nostre leggi”. Finalmente c’è arrivato anche Nordio. Ha detto, infatti, che “bisogna proibire l’uso del velo in città (tutte le città, non solo Venezia). Ci sono già delle leggi in materia e secondo me è arrivato il momento di farle rispettare”.
Ecco, facciamole rispettare ma, soprattutto, riscuotiamo. “Quando cammino per Venezia vedo – ha detto Nordio – queste persone che indossano il velo e mi chiedo se sia la cosa giusta. Secondo me per questioni di sicurezza sarebbe giusto vietarlo. È vero, in Francia ci furono proteste, ma io dico: se venite qui dovete rispettare le nostre leggi, punto. Le bombe non bastano. Servono azioni preventive e guerre sul campo, ma soprattutto la volontà e la determinazione di vincere. A me non fa paura la parola guerra, ma chi mi fa guerra. E bisogna rispondere cento volte tanto”.
Una delle quali, in via preventiva, è il divieto assoluto di burqa e altro. Si comincia cioè dai veli. Oriana Fallaci era un genio, riuscire a capire prima di esserci dentro e “vedere”, constatare, non deve essere stato facile.
Francesca Romana Fantetti (L’Opinione)
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