De Gregori e la sua dedica d’amore, a Bob Dylan

Cultura e spettacolo

Milano 30 Novembre – Bob Dylan – Francesco De Gregori “Un angioletto come te”

Facevi meglio a restare a casa
    E non andartene in cerca di guai
    Dovresti amare chi ti vuole bene
    E non vorrebbe farti piangere mai
    Ora è impossibile capire dal primo bacio
    Il tuo limite estremo qual è
    Ma che ci fa in un posto simile
    un angioletto come te?

L’amore che Francesco De Gregori ha dichiarato a Bob Dylan con questo disco, “Amore e furto”, è l’amore incrollabile, che ha attraversato una vita ed è rimasto giovane. Fatto di parole, arrangiamenti, traduzioni sui taccuini, e di folgorazione a diciott’anni, mai delusa: l’inglese imparato sulle canzoni, con il vocabolario in mano, la chitarra accanto. De Gregori non ha voluto incontrare Bob Dylan, l’estate scorsa a Lucca, quando ha aperto un suo concerto: è arrivato un minuto prima, è scappato un minuto dopo, non si è fermato nemmeno a sentirlo cantare. I concerti di Dylan va a vederli in giro per il mondo, senza mai dirgli ciao Bob, sono io, ti ricordi, ho fatto un disco con le tue canzoni, è venuto bellissimo, beviamo qualcosa? Anche per questo è vero amore, e non verrà mai deluso. Chi cerca ovunque una musica che gli parli di sé, di uno stato dell’anima, del mese di novembre magari, e anche del senso di un dolore, troverà questo disco e non lo tradirà. “Ma per inciso che bel sorriso, Adesso che sei qui in piedi davanti a me, Ma che ci fa in un posto simile un angioletto come te?”, anche senza avere mai ascoltato “Sweetheart” cantata da Bob Dylan, o “Not dark yet”, e nemmeno “Subterranean homesick blues”. Perché le parole in queste canzoni contengono sempre i fotogrammi di una storia, raccontano persone in bilico, combattute, e non si sa se ci siano soluzioni, se si possa cambiare tutto. Non si sa nemmeno quale sia il confine fra errori e cose giuste, e se sarebbe potuta andare diversamente, la vita, e se lui avrebbe fatto meglio a inseguirla, o a dimenticarla. E’ l’idea malinconica dell’imperfezione che riguarda tutti, e anche dell’impossibilità di stare al mondo in un altro modo più sicuro. “Chissà da che scappavo e dove stavo andando quando sono arrivato, E credo di sentire una preghiera e mi potrei sbagliare e oppure non lo so, E non è buio ancora ma lo sarà fra un po’”. E non è buio ancora ma lo sarà fra un po’: il tempo in mezzo è tutto quello che abbiamo. Per incontrare una ragazza e dirle scappa da qui, oppure vieni con me, o per dire ragazzino cercati una chiave, butta la scaletta, salta dalla nave. Ma soprattutto dentro questo tempo ci sono gli attimi di vita fotografati con le parole, lei che dondola totalmente fra innocenza e peccato e forse non lo sa, e non c’è soluzione nemmeno a questo, al massimo, forse, una canzone. Francesco De Gregori ha rubato, ringraziando, un po’ di parole e accordi, ne ha messe altre, ci ha messo se stesso e il suo modo di stare dentro la musica che ama, che è il modo di chi non dice mai: ehi, sono qui. Così questo è un furto, ma è soprattutto amore. Con dentro la canzone di tutte le malinconie, “If you see her, say hello”, se la vedi dille ciao, salutala dovunque sia. Si intitola adesso “Non dirle che non è così”, e racconta quel che accade nel tempo di mezzo, quando ci si incontra e poi ci si perde, sbattuti qua e là, nei momenti sempre sbagliati, e non si può fare altro che dire ciao, non preoccuparti per le cose che hai lasciato qui. Non ci si può impicciare troppo della propria vita, non  sono affari nostri. “Se per caso la incontrerai dalle un bacio da parte mia, Ho sempre avuto rispetto per lei, anche per come se n’è andata via, E se c’è un altro che le sta accanto certamente non sarò io A mettermi fra di loro, puoi giurarci che non sarò io”. E se lei crede che lui l’abbia scordata, non dirle che non è così.

Annalena Benini (Il Foglio.it)

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