Quel pasticciaccio brutto della Sormani: viaggio tra i disperati Wi-fi (video)

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Di Claudio Bernieri

Musiche di Luciano d’Addetta

Milano 7 Dicembre – “Nel loro paese hanno un buon livello di istruzione, poi arrivano qui…Diciamo che è gente che  ha il tablet ma non ha la casa. Dobbiamo essere lungimiranti come la Esse Lunga, che a Como ha messo delle panchine fuori dalle casse, in modo che i rifugiati stiano al caldo d’inverno e al fresco  d’estate.“

3Parla il sindacalista Gianni Rizzi, bibliotecario e portavoce sindacalista a Milano. All’entrata della Sormani vigila che i disperati  non depositino troppi zaini e trolley nell’atrio.

Il tono di Gianni  gronda  bon ton , è colto , serio, è social senza cadere nel birignao, e alterna concretezza pessimistica  all’ ottimismo letterario: “Il problema è che alle 8 chiudono i centri d’accoglienza, e tutti i senza casa approdano in Sormani : qui trovano la sala Hi fi,  il punto Web, la cineteca, i bagni.  Stanno al caldo.

Ma in tutte le biblioteche del mondo ci sono i clochard. Già  lo scrittore Rilke li descrisse, nel suo libro  I Quaderni di Molte. Entrò un giorno nella biblioteca centrale di New York, e vide i barboni. Che lo riconobbero come un loro fratello.  Lo circondarono. Ma Rilke  provò  timore: sono un poeta , scrisse, ma sono solito lavarmi bene le mani, non ero  come loro…Aveva paura … ”

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Dalla sua postazione, all’ingresso della biblioteca Sormani,  Gianni Rizzi  guarda  dolcemente, ma gramscianamente, gli  homeless che sfilano ogni mattina, infreddoliti, con  gli occhi spenti, le guance livide.  Scarpe da tennis, berretti di lana, sciarponi made in Charitas: il popolo dei clochard entra in Sormani portandosi appresso sacchetti di plastica, borse, zainetti, bottiglie, patate, arance, coperte arrotolate. Sembra l’armata del Don in ritirata, descritta da Bedeschi. Gianni non  li ferma: “ sarebbe incostituzionale. La cultura è di tutti” avverte.

Poco dopo, un  disperato  asciuga i propri calzini sul termosifone nella sala dei quotidiani, un homeless posiziona un litro di minerale accanto al suo tablet, ma poi  si appresta a un pisolo. Un rifugiato già russa. Un nigeriano ha qui il suo ufficio: tre telefonini, un computer, appunti, traffica con l’estero approfittando della connessione gratuita. E ciacola a gran voce.

Eppure il regolamento, chiamato ”carta di servizi” parla chiaro. È vietato consumare cibi o bevande, vietato  conversare al telefono, fare conversazione e studiare in gruppo, portare bagagli voluminosi.

I web ciabattanti, ognuno con il proprio telefonino in mano,  incominciano a  ciarlare ad  alta voce nelle lingue di tutto il mondo dalle 9: arabo, cingalese, afgano, swaili, senegalese…

Un  caposala assiste alla babele, sorride e  spiega: “ il problema è che nelle case di accoglienza questi  non ci vogliono restare durante il giorno. E’ una indecenza: qui dormono, si lavano, mangiano, russano tra i libri”.

Il sindacalista Rizzi non è d’accordo: con voce compita e impostata da  lettore di lungo corso, afferma che “ è compito delle biblioteche accogliere gli homeless, è contro la costituzione lasciarli fuori. Si ricordi e lo scriva. Questo è un luogo di democrazia e di uguaglianza.”

4La Sormani, costituzionalmente corretta,  però  qualche problema lo crea.

Nella sala di consultazione, un bagaglio a mano e una grossa sacca sono abbandonate in un angolo. I capisala sono in allarme: “Chi l’avrà messa? E se contenesse una bomba? E se poi esplode?” Sono in ansia. Panico parigino. E se chiamassero le teste di cuoio?  Uno di loro si confida: “Sono centinaia i disperati, arrivano  alle 9, dormono, e vanno via alle 17. Mangiano tra i libri, manca solo che tirino fuori i tovaglioli. C’è uno che arriva  in sala ogni giorno con tre valigie. Un altro ha voluto entrare con il suo cagnolino che si è tenuto in braccio in biblioteca”

”Certo- ribattiamo-  il cane è una macchina contro la solitudine, come dice Houellebecq”

La caposala prosegue: “Il problema è che secondo il  regolamento chiunque può entrare con un bagaglio, basta che se lo tenga vicino. E stiamo perdendo i lettori. Gli studenti vanno via. Ma noi siamo una biblioteca, non un dormitorio.”

1“Certo, c’è il problema  irrisolto dei  bagagli. – spiega il sindacalista Rizzi – Una volta avevamo istituito il servizio bagagli, con dei box dedicati, come in stazione, con una chiave. Ma qualcuno ci lasciava del cibo,  i bagagli restavano nei box  anche  settimane,  qualche box  veniva scassinato, e abbiamo chiuso  il servizio.”

“Cercheremo di scoraggiare chi deposita in Sormani i bagagli – promette il coordinatore dei sistema bibiotecario Stefano Parise – Vede, per un clochard il bagaglio è tutto. E’ la sua casa. E a Milano non esiste un deposito gratuito. Così  i senza casa sono costretti a portarsi  dietro borse zaini e trolley,  fino in sala lettura”.

Parise  ha un suo modo tutto  volterriano di concepire le biblioteche. “ Bisogna essere ragionevolmente tolleranti”.

Poi  aggiunge: “Stiamo però approntando dei servizi: presto avremo un operatore che insegni ai clochard a redigere un eventuale curriculum  di lavoro  per poi sostenere un colloquio. Avremo poi un assistente ai bagni che presidi i water: e vigili sulla pulizia.”

Ci immaginiamo lo steward dei bagni, come negli autogrill, ma non concepiamo una fraternizzazione tra disperati e studenti, se non davanti a un caffè.

Infatti.

5“Stiamo pensando di aprire una caffetteria. Invece è stato uno sbaglio aprire un’area informale, la sala dove si leggono i quotidiani: sta diventando un ghetto, attira solo i disperati. Ecco, bisognerebbe spalmare i senza casa in altre sale.. in altri punti web. Ma le biblioteche stanno cambiando il loro ruolo nelle grandi città: diventano sempre più dei luoghi di socializzazione. …”

Intanto,  coperte al fianco  e la schiscetta, come si dice a Milano, i  disperati  hi fi occupano nella sala dei quotidiani  i posti riservati agli studenti.

Qualcuno, tra un pisolo o una telefonata, leggerà mai Dickens, o I Miserables, o  On the Road nella sala lettura? Forse, in  questo insolito “ popolo del tablet” si nasconde uno scrittore di talento, un Bukowsky dei gommoni, un Pasolini di viale Padova, un Gadda della moschea di viale Jenner. Chissà, il nuovo Busi potrebbe approdare un giorno, tra i tifoni degli applausi  all’Isola dei Famosi.

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