Milano 13 Dicembre – “Milano mia, portami via, fa tanto freddo, ho schifo e non ne posso più.” Per quel cinismo che attraversa i gesti, i pensieri, per quell’indifferenza che si fa tempo e luogo, per quell’abbandono che miagola, la sera, di solitudine. Milano mia senza colori, riportami là, dove i profumi vibravano di verità, dove l’amore sussurrava pudore, dove la fragilità era magia. Ma non solo per la nostalgia di un’età, per l’incanto della scoperta della vita, ma per la necessità di ritrovare la Milano che ho amato, per l’esigenza di risentire la musica del cuore. Fa tanto freddo in questa Milano decadente, senza lampi, senza abbracci, con le illusioni vestite di ipocrisia, con la politica fatta di parole. Nel vociare continuo degli egoismi, nel controcanto di un’umanità che soffre, nell’apatia di un tempo che non conosce la giustizia sociale.
Milano mia, nella nebbia del presente, ti ho cercata nei vicoli silenziosi, nelle luci gloriose delle piazze, nello specchio dei Navigli, nella memoria dell’Arte, nella solennità dell’Architettura. Io, viandante, in cerca di cibo, assetato di umanità, ho le mani vuote. Perché l’illusione dell’uguaglianza, la pulizia dei sentimenti, il profumo del cuore hanno scelto altre strade, chissà dove.
Milano mia ridammi indietro i miei vent’anni e la mia periferia e i miei giochi e i miei sogni, quando sperare nell’onestà e nella giustizia era il futuro.
E scusate se mi sono ispirata al capolavoro “Luci a San Siro” di Vecchioni.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano