Milano 17 Dicembre – Dopo 42 anni dall’entrata in vigore, sta per cadere il divieto di esportazione del petrolio made in Usa. Il divieto nasceva dal fatto che lo sviluppo industriale aveva sorpassato la capacità produttiva Statunitense. Lo shock petrolifero e la reazione dell’Opec avevano fatto il resto. Così gli Usa, da esportatori storici erano diventati importatori cronici. E da lì era partita la narrazione, su due binari, del catastrofismo antioccidentale. Da una parte si raccontava del crollo dell’economia basate sugli oli minerali, il ritorno all’era della pietra, il crollo del capitalismo e balle varie. Dall’altra il filone complottista si era arricchito del capitolo “guerre del Petrolio”, alimentate da un’insaziabile fame energetica che divorava l’economia Usa. In economia, questi due filoni di pensiero avevano generato il mostro delle energie verdi, il solare per tutti, l’eolico, il geotermico, le biomasse ed altre geniali trovate. Nel 2008 arriva la svolta, la tecnologia ed un aumento del costo del petrolio senza pari rendono improvvisamente conveniente sfruttare una cosa chiamata sabbie bituminose. In sostanza si tratta di petrolio misto a sabbia, di qualità inferiore rispetto a quello normalmente estratto, ma estremamente facile da reperire e soprattutto, a due passi da casa, in Canada e Venezuela. Da allora ad oggi la produzione petrolifera in Usa è raddoppiata (+90%). Qualcuno ipotizza che l’export sia dovuto all’avanzare delle energie pulite. Permettete di dubitarne. Questa è la classica storia di come il mercato se ne freghi ampiamente di cosa vogliano le elite intellettuali di sta ceppa. Mentre gli ecologisti, le anime belle, i catto-ecologisti e via discorrendo discutevano di come, con il giusto incentivo, saremmo diventati tutti verdi e puliti, le industrie scommettevano sulla seconda rivoluzione nera. E vincevano. Come sempre, d’altronde. La legge che il Congresso approverà continuerà con gli incentivi alle nuove tecnologie green, non per convinzione, ma perché a staccar loro la spina si manderebbero sul lastrico un sacco di famiglie. Non che il loro lavoro serva ad alcuno. Ma ormai così è, se vi pare. Non si possono tagliare posti di lavoro sotto elezioni. Però questa è la dura realtà del mercato. E ricordate sempre, senza farvi mai fregare, che il Mercato, e non lo Stato, siete voi!
Il secondo aspetto interessante è quello geopolitico. Un’America che va a fare concorrenza ad Opec e Russia è un’America di nuovo forte. E che non ha più alcun bisogno dell’Arabia Saudita. Anzi, un’America che da un suo crollo, sul lungo periodo, potrebbe persino ricavare dei vantaggi. Il secondo vantaggio della tecnologia di estrazione dalle sabbie bituminose è che esistono una serie di pozzi che ancora non sono stati scoperti. E non è da escludersi che alcuni siano in estremo Oriente. Questo, unito al calo dell’industria Cinese, potrebbe sul lungo periodo sempre, portare ad una disconnessione anche della Cina. Lasciando ancora più ai margini la Monarchia Saudita. Questi scenari porteranno ad un cambi delle relazioni politiche sull’asse Washington-Riad? Lo scopriremo dopo le prossime elezioni. Di certo, a peggiorare le cose per i Sauditi c’è il petrolio Iraniano di nuovo sul mercato…
In tutto questo l’unico nemico di un mercato che porta a scenari di distensione nella guerra per le risorse, resta l’interventismo dello Stato. Il quale, come sempre, rovina ogni cosa che tocca.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,