Quattro banche fallite: ecco tutti i perché e le responsabilità

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Milano 18 Dicembre –  Quando e come è esploso il problema delle quattro banche fallite?

La fase acuta è esplosa il 22 novembre scorso quando, per la prima volta in Italia, i risparmiatori di quattro banche (Etruria, Marche, Chieti e Ferrara) hanno perso i loro soldi in conseguenza di un decreto del governo. Se invece si guarda alla genesi della storia, si deve andare indietro di un paio d’anni durante i quali i problemi sono montati per responsabilità degli amministratori di questi istituti senza che il governo italiano, l’Unione europea, la Banca d’Italia e la Consob intervenissero. Districare il rimpallo di responsabilità sarà compito della commissione parlamentare d’inchiesta, non solo per fare storia ma anche per evitare disastri futuri.

Che cosa ha deciso il governo?

Ha deciso di far rinascere le quattro banche, per salvaguardare i risparmi dei clienti e i posti di lavoro dei dipendenti ma soprattutto per evitare che l’onda d’urto di quattro crac senza controllo minasse la fiducia di tutto il sistema bancario italiano. Gli istituti sono stati fatti rinascere dalle loro ceneri salvando la parte sana, scissa da quella malata.

Ma perché molti risparmiatori ci hanno rimesso?

Fino a qualche tempo fa sarebbe intervenuto lo Stato a salvare le banche e i risparmiatori. Ma questo non è più possibile, un po’ perché il debito pubblico italiano è già enorme e non può sopportare certi fardelli, e un po’ perché adesso i salvataggi a spese delle casse pubbliche sono esplicitamente vietati da una norma europea, secondo cui il costo deve pesare sui risparmiatori delle banche fallite (che poi possono rivalersi sugli amministratori incapaci o disonesti). Possono anche intervenire le altre banche, per salvaguardare la fiducia nel sistema finanziario, ma sempre e solo con soldi loro.

bond spazzatuta

Chi pagherà e quanto?

Il costo del taglio della parte infetta delle 4 banche, 3,6 miliardi di euro, sarà sopportato dal resto del sistema bancario italiano. Ma altri 430 milioni sono a carico de i risparmiatori. Va detto però che i detentori di «obbligazioni subordinate», cioè di bond che sono in fondo alla lista di priorità quando si tratta di ripagare i debiti di una banca fallita, sarebbero stati penalizzati anche da un fallimento regolato dalle norme precedenti. Infatti le obbligazioni subordinate rendono più di quelle ordinarie proprio perché sono più rischiose. Va aggiunto che nello specifico caso di queste quattro banche ai risparmiatori che acquistavano i titoli subordinati non è stato neanche concesso un granché come premio di rischio: i rendimenti erano praticamente uguali a quelli dei titoli ordinari. Già questo solo fatto indica che i sottoscrittori non erano speculatori che rischiavano sperando in guadagni extra ma risparmiatori comuni che si sono accollati un surplus di rischio senza remunerazione; in parole povere queste persone sono state imbrogliate.

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Ma i fallimenti sono stati un fulmine a ciel sereno? 

No. Tutte e quattro le banche erano già commissariate: la Banca d’Italia aveva destituito i loro amministratori mettendo al loro posto commissari straordinari. La Cassa di risparmio di Ferrara lo era dal maggio 2013, la Banca delle Marche dall’ottobre 2013, la Cassa di risparmio di Chieti dal settembre 2014, la Banca popolare dell’Etruria e del Lazio dal febbraio del 2015. Molti piccoli risparmiatori avevano già visto una parte del loro gruzzolo trasformarsi gradualmente in carta straccia. Il valore di Borsa delle obbligazioni scendeva a mano a mano che venivano alla luce le malefatte degli amministratori revocati. Per quelle trattate in Borsa le quotazioni erano precipitate. La più grossa emissione di Banca Marche al momento del decreto governativo aveva perso tre quarti del valore nominale e anzi si era già dimezzata un anno fa, dopo che i magistrati di Ancona avevano definito «gruppo criminale» gli ex amministratori.

le vie di salvezza

Il decreto del governo ha fatto abbastanza per salvare i risparmiatori?

Se non ci fosse stato il decreto salva-banche il fallimento avrebbe comportato anche la tosatura dei depositi sopra i 100.000 euro, perché la garanzia sui depositi c’è solo fino a quella cifra. Inoltre, dal 1° gennaio 2016 entrerà in vigore la nuova normativa che prevede di accollare una parte delle perdite non solo ai possessori di obbligazioni ma anche ai titolari di depositi sopra i 100 mila euro. È la conseguenza di una direttiva europea, a cui l’Italia si era opposta ma restando isolata.

Prima ancora, è stato fatto abbastanza per evitare il disastro nella sua lunga genesi?

L’impressione generale è che gli amministratori delle banche fallite abbiano avuto la possibilità di agire male per anni e anni anche perché la politica, a livello locale e nazionale, non ha mostrato interesse a smascherare le malefatte; a livello politico si è preferito aspettare e sperare che i problemi si risolvessero da sé, e in silenzio. Ma anche le autorità di controllo (la Consob, la Banca d’Italia) escono male da questa vicenda. Ognuna si preoccupa di segnalare di aver fatto la sua parte, di aver svolto scrupolosamente il suo dovere, ma la somma di questi doveri scrupolosamente svolti dalla Consob e dalla Banca d’Italia ha prodotto l’inazione e il disastro, con la complicità della politica. Per esempio: il 26 maggio scorso il governatore della Banca d’Italia aveva suggerito di riservare la vendita di obbligazioni subordinate agli investitori professionali. Governo e Parlamento non hanno ascoltato. Ma davvero la Banca d’Italia non poteva fare di più? Rispondere che no, non si poteva fare di più, esime le persone dalle responsabilità ma mette in dubbio l’utilità dell’istituzione. Discorsi analoghi si possono fare per la Consob e altre istituzioni coinvolte.

la vigilanza sulle quattro banche

Quante persone sono state colpite dal tracollo delle banche?

I 130 mila azionisti hanno perso tutto il valore dei loro titoli, così come circa 10 mila possessori di obbligazioni subordinate. Ma questo non vuol dire che ci siano 140 mila persone finite sul lastrico. Per i più la perdita riguarda solo una piccola parte del capitale. Le persone coinvolte in modo grave, cioè quelle che hanno visto volatilizzare gran parte dei loro risparmi (come il pensionato suicida) sono circa un migliaio. Questo perché sono state vittima di consigli due volte sbagliati: sul tipo di titoli da acquistare e sulla mancanza di diversificazione dell’investimento.

Luigi Grassia (La Stampa)

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