Milano 23 Dicembre – L’idea non è nemmeno troppo originale. Perché il nome “Checcoro” fa venire in mente Checco Zalone, mettendo insieme due parole, “che” e “coro,” in una sintesi che allude ad altro (le “checche” in questo caso); ma ricorda Checco Zalone anche perché suona come una cosa un po’ “cozzala”, cioè un pizzico trash, questo coro Lgbt che intona tipici canti natalizi in chiave gay, coniugando tradizione e provocazione.
Oggi (ieri n.d.r) alle 18.45 l’amabile coretto di voci (non bianche ma arcobaleno) si esibirà in una sede istituzionale, la Casa dei Diritti del Comune di Milano (la stessa dove l’anno scorso si erano svolti spettacoli bondage e sadomaso), per celebrare «un Natale di diritti e inclusione», cantando «gli augurali canti della tradizione» «per bambini di ogni età» ma allo stesso tempo lanciando «il messaggio che l’amore non deve avere confini e che la difesa dei diritti di ciascuno, nonché il contrasto a ogni discriminazione, passa necessariamente attraverso la libera manifestazione di idee e sentimenti».
Ora, innanzitutto non si capisce cosa abbiano di «tradizionale» canti che invitano a fare coming out proprio la notte della Vigilia. Brani come quello che riportiamo fedelmente: «Di Natale la Vigilia buon consiglio porterà/ E a tutta la famiglia io dirò la verità./ L’imbarazzo più totale leggo ovunque volga gli occhi/ Con tempismo magistrale mia nonna chiede “Vuoi i finocchi?”/ Io mi alzo e a tutti dico: “Conoscete voi Renato/ Non è proprio solo amico, ecco lui è il mio fidanzato/ E se potessi di bebè ne vorrei almeno tre».
In secondo luogo, non si comprende cosa c’entri la festa del Natale con la promozione della comunità Lgbt, la manifestazione dell’orgoglio gay e l’invito a «dare sempre più spazio alla cultura dei diritti». Gesù Cristo è nato per annunciare un messaggio di salvezza eterna non per sostenere battaglie sociali, per caricarsi i peccati degli uomini non per farsi paladino dei loro “diritti”, per dimostrare che Dio sa farsi figlio di una donna e non che anche gli omosessuali possono adottare un figlio. C’è un uso completamente travisato e ad personam di un annuncio che dovrebbe essere universale; un riduzionismo preoccupante che trasforma l’«Holy Christmas» e il «Merry Christmas» in un «Gay Christmas».
In terzo luogo, e soprattutto, non è chiaro perché l’amministrazione Pisapia che celebra il Natale omettendone i simboli sacri, come il presepe, nelle sedi istituzionali (vedi Palazzo Marino), debba poi appoggiare un evento che di natalizio non ha nulla, se non il tentativo di rendere quella festa allo stesso tempo “più gaia” e “politicamente corretta”. Trasformandola in una sorta di Christmas Pride.
Ma a Palazzo Marino devono essersi sbagliati: credevano di festeggiare il Carnevale anziché il Natale.
Gianluca Veneziani (L’Intraprendente)
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845