L’amministratore di sostegno è una risposta alle necessità dei più deboli

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Milano 28 Dicembre – Tutelare i soggetti deboli è un dovere della società e di tutti noi. In Italia esiste un istituto chiamato amministrazione di sostegno, utile ad aiutare chi non è in grado, per motivi psichici o fisici, di badare a se stesso. Anziani e disabili sono, loro malgrado, i soggetti tipici che beneficiano di questo istituto, che però è finalizzato ad aiutare chiunque abbia perso la capacità, anche temporaneamente, di provvedere ai propri interessi. Casi frequenti riguardano per esempio alcolisti, tossicodipendenti, persone detenute, malati terminali: possono ottenere che il giudice tutelare nomini una persona che abbia cura della loro persona e del loro patrimonio.

LA RICHIESTA
L’amministrazione di sostegno si attiva mediante ricorso al giudice tutelare, il quale, assunta ogni opportuna informazione, sentite le persone vicine al beneficiario, provvede con decreto a designare l’amministratore di sostegno. La scelta dell’amministratore di sostegno deve avvenire con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi del beneficiario e pertanto potrà cadere sul coniuge, sul convivente, su altro parente fino al quarto grado, ma anche su un estraneo. Chiunque può designare il proprio amministratore di sostegno in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. Per richiedere l’amministrazione di sostegno si deve presentare un ricorso. Può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato; dal coniuge; dalla persona stabilmente convivente; dai parenti entro il quarto grado; dagli affini entro il secondo grado; dal tutore o curatore, dal pubblico ministero. I responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, se sono a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre al giudice tutelare il ricorso o a fornirne comunque notizia al pubblico ministero.

LA NOMINA
Il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno deve contenere, tra le altre cose, la durata dell’incarico, che può essere anche a tempo indeterminato, l’oggetto, gli atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore di sostegno, i limiti, anche periodici, delle spese che l’amministratore di sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità, la periodicità con cui l’amministratore di sostegno deve riferire al giudice circa l’attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario.

LIMITI
L’amministrazione di sostegno è differente dall’interdizione. Chi è sottoposto all’istituto dell’amministrazione di sostegno, infatti, non perde completamente la propria capacità di agire, se non soltanto in relazione ad alcuni specifici atti. In particolare, la persona amministrata deve essere assistita o rappresentata nel compimento degli atti espressamente indicati nel decreto del giudice tutelare, mentre conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno.

CASI SINGOLI
L’amministrazione di sostegno viene infatti configurata caso per caso, secondo le peculiarità ricorrenti. In ogni caso, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno conserva comunque la capacità di compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana; fare testamento, purché capace di intendere e di volere al momento della redazione; sposarsi; riconoscere i propri figli. (Repubblica.it)

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