Prezzi fermi nel 2015. Il Paese anche

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Milano 7 Gennaio – L’Italia è tornata nel 1959. Non per l’improvvisa scoperta della macchina del tempo, ma semplicemente perché la dinamica del prezzi nel 2015 è stata praticamente una linea piatta. Il carovita secondo l’Istat è stato pari a un +0,1%. Ed è l’incremento più basso registrato dal 1959, ovvero da 56 anni. Allora l’Italia era in deflazione e il tasso ci crescita dei prezzi risultava pari a -0,4%. A tenere i listini fermi è stato il crollo dei prezzi del petrolio che si è protratto per tutto il 2015 e si è accentuato nella seconda parte non appena i segnali della frenata dell’economia cinese sono diventati palesi. La componente energetica è uno dei principali parametri per fissare il prezzo di un bene. Così, venuta meno questa voce, prezzi e tariffe si sono congelati (solo alcuni però visto i rincari di autostrade e treni di inizio anno). Se un’alta inflazione distrugge reddito fisso e non è salutare per gli stipendi e i salari, anche quella bassa non fa bene all’economia. In un mondo nel quale i costi non si muovono all’insù, ma anzi e probabile che l’attesa per comprare un bene consenta all’acquirente di ottenere uno sconto, distrugge il sistema capitalistico basato sul consumo. Tutto si inverte. Anche i saldi per esempio. Se in un momento normale le svendite di fine anno sono lo smaltimento dell’offerta e cioè del magazzino in eccesso, ma sono pagati dai ricavi maturati in tempi normali, ora la situazione è invertita: la vendita si fa interamente a prezzi scontati, riducendo i margini per chi vende e produce, e dunque generando meno ricchezza e minore Pil. Un meccanismo che, a lungo andare, provoca solo distruzione di capacità produttiva: dunque meno impianti, meno reddito e meno investimenti. A contrastare i « prezzi zero» ci ha provato la politica monetaria della Bce che è riuscita, però, solo parzialmente a contrastare il fenomeno. Con il Quantitative easing, la deflazione toccata nel primo semestre con strascichi fino all’estate, non è riuscita infatti a radicarsi nell’Unione. Tuttavia lo spettro di una dinamica negativa dei prezzi, accompagnata dallo stallo degli investimenti, rimane. In Italia un tasso così basso di inflazione, spiegano gli statistici dell’Istat, non si vedeva dal 1959, quando i prezzi diminuirono in media dello 0,4%. A differenza di quanto sta accadendo oggi, però, oltre mezzo secolo fa, la deflazione si accompagnava gli inizi del boom. Il Pil correva oltre il 6%, Insomma un altra epoca e soprattutto altri numeri. A spiegare il rallentamento del carovita rispetto al 2014, è soprattutto il risultato dell’inversione di tendenza dei prezzi dei trasporti (-2,7% dal +0,7% dell’anno precedente) e del passaggio in territorio negativo anche di quelli dei abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-0,8% a fonte di una variazione nulla nel 2014). Comparti su cui ha un peso preponderante la componente energetica. Basti pensare alla caduta dei listini di benzina e diesel. Ad accelerare è invece il cosiddetto «carrello della spesa» e cioè l’insieme dei prodotti alimentari, di quelli per la cura della casa e della persona. Un paniere di beni che nel 2015 risultato più caro rispetto al 2014, salendo al +0,8% dal +0,3% dell’anno precedente.

Filippo Caleri (Il Tempo)

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