Quando il buonismo è senza buon senso

Milano

Milano 8 Gennaio – Il buonismo oggi è manifestazione di superficialità, di finta sensibilità, di ideologia vestita di falsa bontà, di sentimenti opportunistici. Perché fa comodo apparire paladini di pseudo umanità, perché è più semplice apparire generosi che analizzare il problema, perché il pensiero che ispira le azioni ha spesso una visione distorta della realtà, perché l’improvvisazione in politica è più comoda della strategia. Il buonismo crea disparità di giudizio e di trattamento, disuguaglianza sociale e, a volte, negazione di diritti sacrosanti di cui, guarda caso, sono spesso vittime i cittadini italiani. Il buonismo nasce e prospera a sinistra. Per quell’allure di disponibilità che a parole i partiti di sinistra dicono di esercitare nei confronti delle fasce più deboli.COMUNE, INCONTRO PISAPIA- RENZI - FOTO 9 Un’attenzione che è diventata leggenda, un’attenzione che si è persa nella notte dei tempi. Oggi la sinistra è il partito della grande imprenditoria, delle banche, delle cooperative colluse con la criminalità organizzata. Dei poveri cristi non gliene importa niente o quasi. E parlare di Renzi e di Pisapia non è casuale: rappresentano gli esempi più luminosi di come la povertà venga ignorata. Ma di buonismo, secondo il loro strombazzato DNA, bisogna vivere, bisogna apparire, bisogna convincere. E allora occorre trovare beneficiari nuovi, che sappiano in futuro, con leggi ad hoc, essere riconoscenti con il voto, con la dedizione che si deve a tanta attenzione. E i profughi, i Rom, gli immigrati in senso lato ringraziano. Perché quel buonismo da quattro soldi è diventata una moda che rompe gli argini del buon senso, della realtà, dell’opportunità sociale. E mai avrei pensato che anche la Magistratura ne fosse contagiata. L’ultimo episodio riferito da Il Giornale ne è la prova più evidente e significativa “Non solo era ubriaco, ma addirittura drogato. Non solo ha falciato due pedoni, ma non si è nemmeno fermato a soccorrerli.

Eppure, convalidandone l’arresto, il giudice per le direttissime Elena Bernante ha concesso i domiciliari al 27enne brasiliano arrestato in flagranza dagli agenti della polizia locale di Milano. Su di lui pendeva la pesantissima accusa di omissione di soccorso per non avere prestato aiuto a due ragazzi a bordo di uno scooter investiti dall’auto che guidava sotto gli effetti di alcol e droga.

Al momento dell’arresto il giovane immigrato non aveva con sé una patente valida di guida ed è risultato positivo sia ai test alcolemici (2,49 grammi per litro) sia a quelli tossicologici. La revoca della custodia cautelare in carcere è stata motivata dal giudice con una ragione “tecnica”. Il reato per il quale era scattato l’arresto in flagranza, che prevede una pena edittale massima di tre anni, non è prevista la misura del carcere, ma “al massimo” quella dei domiciliari. E così la Bernante lo ha “graziato” evitandogli il carcere.

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