Milano 19 Gennaio – Proponiamo l’interessante intervista a Bradburne di Paola D’Amico pubblicata dal Corriere. E’ un bilancio dei primi 100 giorni di direzione, è l’impegno per un rilancio ragionato, è l’auspicio che la grande Brera ritorni ad essere motore della cultura milanese e italiana.
I primi 100 giorni del nuovo direttore della Pinacoteca: già raccolti 120 mila euro, ogni giovedì museo aperto fino alle 24. Irrisolto il rebus degli organici
L’autonomia è avere un conto corrente. Mister James Bradburne, neodirettore della Pinacoteca di Brera, uno dei venti supermusei dotati di autonomia speciale dalla riforma Franceschini, si prepara a tracciare il bilancio dei suoi primi cento giorni. E spiega: «Brera ora ha un suo Iban. Una chiave dell’autonomia economica è avere un conto corrente, perché se il bilancio è in regola e abbiamo definito le nostre best practice , per le spese non dobbiamo più attendere il via libera degli uffici centrali». Ha passato l’esame dei revisori dei conti (mercoledì scorso) e tenuto il primo cda (giovedì) al quale ha illustrato le linee del suo programma. Su quel conto corrente è già arrivata una donazione di 120 mila euro. Un inizio.
Cento giorni sono pochi per conoscere la città, Mr B è stato assorbito da Brera e confida: «Ho preso dei piccoli test del gusto di Milano». Ha visitato «la fortezza e la Triennale», è stato diverse volte al Mudec e al Poldi Pezzoli, che definisce «uno dei musei più interessanti della città». Antipasti che gli sono serviti per entrare in sintonia con i ritmi della città e capire, per esempio, che «non è il sabato sera il giorno giusto per tenere aperto il museo fino a mezzanotte». Il 2015 è stato un anno di sperimentazione. «È una bella politica – dice il manager -. Autonomia è un cambio di mentalità, vuole dire valutare il bacino di potenziali utenti, le loro abitudini e dire: caro Stato, siamo d’accordo con lo scopo che è avvicinare l’arte ai cittadini, ma va cambiato giorno. Il sabato va bene per Firenze, perché i turisti lì trascorrono il weekend. Per Milano forse sarà utile spostare l’apertura straordinaria il giovedì, in sinergia con altre iniziative della città».
Giovedì al ministro Franceschini in visita a Brera mostrerà i dati di un anno di aperture straordinarie: «La statistica è molto interessante – spiega Mr Bradburne -. La presenza minima è stata il 27 giugno, 5 visitatori di cui 3 paganti, presenza massima il 19 settembre, in occasione della Giornata europea del patrimonio: 500 persone». La media, 81 visitatori, con un ricavo di 232 euro e un costo che oscilla tra i 4 e i 5 mila euro.
Autonomia è anche imparare a lavorare in squadra, uno snodo cruciale. Per questo Bradburne ha riunito le sette istituzioni che convivono nell’antico palazzo: «Una volta alla settimana tutti i direttori s’incontrano. Brera è Brera, dobbiamo rimetterla nel cuore di Milano, sviluppare insieme il foundraising, elaborare progetti. Non vedo Pinacoteca, Braidense, Scuola d’arte, Osservatorio astronomico, Orto Botanico come cose distinte. Non importa chi è grande e chi è piccolo». A loro ha spiegato gli ingredienti della sua ricetta per la valorizzazione: «Le tre A, ascolto, accoglienza, accessibilità». E annuncia la nascita di una associazione Amici di Brera Oltreoceano.
La sera, nella Pinacoteca chiusa al pubblico, una troupe riprende Roberto Bolle che danza. Brera è anche palcoscenico. Il direttore ci racconta dove accompagna i suoi ospiti in questo luogo capace di regalare esperienze potenti. «Brera ha una vibrazione mille volte superiore al museo di Bilbao. Le sale di Giovanni Bellini, del Velasquez, Raffaello e Piero della Francesca – spiega -. È stupefacente come tutti conoscano queste opere e molti ignorino dove sono custodite». E poi una sosta davanti al box del restauro, quello disegnato da Ettore Sottsass, un grande cubo trasparente. «I restauratori lavorano e parlano con il pubblico. Ebbene questo dovrà diventare uno dei momenti centrali di valorizzazione di Brera».
Ma c’è un grande punto interrogativo: l’interpello, cioè il bando al quale gli operatori – custodi, restauratori, fotografi, storici dell’arte – dovranno rispondere per dire dove vorrebbero lavorare, se in Pinacoteca, nel nuovo Polo museale, in Soprintendenza. È il tassello mancante della riforma. Era stato promesso per settembre, poi per fine ottobre. «Si chiama mobilità volontaria – dice Mr Bradburne -, con l’interpello i dipendenti avranno due settimane di tempo per indicare la loro destinazione preferita». L’organico definito dal ministero è un numero sulla carta. «Ogni giorno Pinacoteca e Braidense aprono i battenti ma siamo come sospesi. E tutti sono stanchi, anch’io»
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