ONU: tasse sul calcio per sfamare i profughi

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Milano 20 Gennaio – Saranno i tifosi di calcio a dar da mangiare ai profughi. Ai siriani che sciamano in Europa per fuggire alla guerra, agli africani che vogliono lasciarsi alle spalle fame e miseria, a cinesi, bengalesi e pakistani in cerca di lavoro e libertà. L’Onu non ha più soldi per finanziare gli aiuti umanitari, dagli Stati membri dell’organizzazione arriva sempre meno denaro mentre i rifugiati aumentano. Nel 2015 sono saliti a 125 milioni. Per garantire loro cibo e farmaci sarebbero serviti 40 miliardi di dollari ma ne sono stati tovati poco meno di venticinque.

E così dallo studio «Too important to fail» (Troppo importante per fallire), redatto per le Nazioni Unite da un pool di esperti coordinati da Kristalina Georgieva, vicepresidente al Bilancio della Commissione europea, è saltata fuori l’ipotesi di tassare gli eventi. A partire dagli incontri di football e dai concerti. Un’imposta «leggera», dieci-venti centesimi a biglietto, definita contributo «volontario». Ma di fatto obbligatorio, destinato a raccogliere quelle somme che ora mancano all’appello. Difficile che i tifosi di Roma e Lazio, Real Madrid, Paris Saint-Germain e Bayern Monaco possano tirarsi indietro. Loro allo stadio, a divertirsi ai goal dei giocatori, mentre a Damasco e Kabul si muore. Chi avrà il coraggio di dire di no? Fa leva sulla pietà cristiana l’Onu ma anche sulla carità patrimonio di ogni musulmano. Tanto che prevede di tassare una quota della zakat (l’elemosina ai bisognosi) che, insieme alla testimonianza di fede, alla preghiera, al pellegrinaggio a La Mecca e al rispetto del Ramadan, costituisce uno dei cinque pilastri dell’Islam. Visto che 30 dei 33 conflitti in corso, che appunto producono emergenze umanitarie e profughi, riguardano Paesi musulmani. «Mai il mondo è stato così generoso e mai questa generosità è stata così inadeguata», sottolinea Kristalina Georgieva, candidata a sostituire il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon che a fine anno dovrà lasciare il Palazzo di vetro. «Assistere le vittime di conflitti e disastri è moralmente giusto, e anche nel nostro interesse, come dimostra la crisi migratoria». Se la raccolta fondi è aumentata da 2 a 24,5 miliardi di dollari tra il 2000 e il 2014, le Nazioni Unite lamentano come solo la metà delle necessità possa essere soddisfatta. Tanto che lo scorso anno sono state ridotte le razioni di cibo per un milione 600mila siriani. E questo «ha contribuito a l massiccio esodo verso l’Europa». Colpisce nel dossier che l’ipotesi di una Tobin Tax per tassare le rendite finanziarie, e cioè i ricchi, venga archiviata in otto righe: «È ancora oggetto di dibattito ed è improbabile si raggiunga un accordo globale in futuro». Seppure viene riconosciuto che «potrebbe produrre tra 25 e 34 milardi l’anno soltanto in Europa». Quindi meglio far pagare tutti gli altri: chi va allo stadio, al concerto, in vacanza. E ricorda come l’associazione no profit Unitaid ha convinto dieci nazioni ad istituire una «tassa di solidarietà« di due dollari sui biglietti aerei contro la lotta all’Aids e alla malaria: in cinque anni ha permesso di raccogliere 1,6 miliardi. Per far funzionare la macchina degli aiuti umanitari c’è da allargare la base imponibile, come si direbbe in gergo fiscale. Venti Stati garantiscono il 95% degli aiuti umanitari. Se i poveri possono dare assai meno dei ricchi, sono infinitamente di più e, alla fine, il conto torna. Con questo sistema l’Italia, che devolve ogni anno 378 milioni in assistenza, potrebbe dare il doppio.

Alessandra Zavatta (Il Tempo)

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