Milano 21 Gennaio – Ora ha smesso di fare il gradasso solo alla Leopolda, nelle riunioni del Pd o a Palazzo Chigi. Ma il bulletto del quartierino Matteo Renzi ha alzato l’asticella e prova a fare la voce grossa pure con gli euroburocrati di Bruxelles. Alza i toni, batte i pugni sul tavolo, usa parole sprezzanti e sembra quasi che, atteggiandosi a duro, voglia restituire all’Italia protagonismo e rispettabilità oltreché sovranità.
Poi però scopri che quelle pose da bulletto, al suon di “Non ci facciamo intimidire”, “Facciamo sul serio”, “Dicono che a Roma non c’è un interlocutore? Siamo qui, se ne facciano una ragione”, e quegli scazzi quotidiani con Juncker sono solo un bluff, che rischia di trasformarsi in boomerang.
L’Italia renziana non ha infatti la forze né politica né economica per rispondere a tono alle pretese di Bruxelles su temi caldi quali immigrazione e conti pubblici. Renzi vuole dimostrare agli italiani che lui terrà il punto sugli immigrati e non accetterà la procedura d’infrazione dell’Ue contro l’Italia per non aver registrato i profughi. Ma è l’ennesima prova di forza che si tradurrà in un nulla di fatto: anche sulla ripartizione “quote profughi”, Renzi aveva annunciato svolte epocali, per cui finalmente l’Italia si sarebbe fatta rispettare, e per la prima volta il problema immigrazione sarebbe diventato un tema europeo. Non è andata così: nonostante la promessa di ripartizione in due anni di 40mila profughi arrivati nel nostro Paese, a un mese di distanza dall’applicazione della misura europea dal nostro Paese se ne erano andati solo in 90. Un completo fallimento.
Allo stesso modo, sui conti pubblici, Renzi sbraita, pretendendo dall’Europa maggiore flessibilità sia per fare le riforme sia per contenere l’emergenza immigrazione sia per gestire la questione sicurezza. Ma questa autonomia finanziaria rivendicata da Renzi è niente più che una messinscena, perché la sua manovra non si fonda su una ritrovata solidità e capacità di spesa, ma è fatta tutta in deficit, di cui l’Europa presto ci chiederà conto (salato).
L’Italia è debole, sia su un fronte che su un altro e, al di là delle richieste e delle incazzature di Renzi, alla fine sarà costretta a chinare la testa. Su alcuni fronti, poi, l’Ue rischia addirittura di aver ragione, come quando contesta l’emissione di denaro pubblico per salvare l’Ilva o i cosiddetti “aiuti di Stato” per ripianare la situazione delle banche. In quest’ultimo frangente peraltro, quand’anche avesse ragione, Renzi arriva fuori tempo massimo, perché avrebbe dovuto ribellarsi alle disposizioni europee prima che il “fallimento” delle banche venisse pagato da azionisti e titolari di obbligazioni subordinate. Ora è già tardi. E la battaglia pare essere destinata alla sconfitta.
Se invece l’intenzione di Renzi è meramente politica, cioè raccattare qualche voto dei populisti anti-Europa e anti-euro presentandosi come il loro paladino, allora verrà inevitabilmente scavalcato a destra da chi, molto prima di lui, si è fatto alfiere di quei temi. È ridicolo che oggi Renzi provi a fare il lepenista o il sovranista: rischia di essere solo la pallida copia di chi in Italia a sua volta scimmiotta la Le Pen. L’imitazione dell’imitazione.
E sinceramente in Italia di premier fotocopia – che si sentono gli Obama o i Merkel de noantri – ne abbiamo già le tasche piene. Per una volta preferiremmo l’originale.
Gianluca Veneziani (L’Intraprendente)
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