Milano 3 Febbraio – Si incontrano a tavola, Milano e Napoli, tra un piatto di sciurilli in pastella e un risotto giallo, e si incontrano in un giallo diverso da quello dello zafferano usato nella ricetta meneghina. L’ingrediente ce lo mette l’autrice varesina Manuela Lozza condendo il suo secondo romanzo di indagini saporite, cucinate dalla protagonista, la poliziotta Michela Borellini. La Milanesa, per chi conosce già Lozza e il suo romanzo d’esordio che trova in “La Milanesa e l’amica immaginaria” una seconda puntata affatto deludente. Ma che lascia affamati. Come è giusto che sia, sperando che l’autrice prosegua nelle avventure della Poliziotta lombarda trapiantata a Napoli, donna in divisa, golosa sia di misteri che sfamano gli amanti dei noir, sia di momenti più romantici e sociali per i lettori di narrativa meno misterosa e più pop.
L’aspetto gastronomico, giallo e zafferano a parte, resta comunque predominante nel libro, accompagna la narrazione regalandole sapore, quel sapore di realismo quotidiano. Il mangiare, il condividere la tavola, uno spuntino o una cena, o un pranzo fuori orario, ”causa indagini”, diventa un modo per avvicinare la Milanesa ai suoi lettori. Infatti il personaggio, già nel primo libro, ha il grande pregio di essere terribilmente e irresistibilmente “una di noi”. Di noi italiani, perchè è un po’ del nord, e un po’ del sud, molto donna, ma con non pochi tratti maschili e un buon savoir faire con l’altro sesso che non la segregano al ruolo di eroina con tacco 12 in grado di entusiasmare solo l’universo, certo ampio, delle lettrici donne.
Se non si può svelare la trama – di regola toglierebbe il gusto al lettore – si può togliere il mistero sul menu del libro di Lozza. E non è banale perchè tutti i rapporti di Borellini, tranne uno, cominciano con una mangiata. Ne “La Milanesa e l’amica immaginaria”, fa capolino un nuovo personaggio e “aggiungiamo un posto a tavola“. Si tratta di una giovane samaritana, una donna che per aiutare le persone in difficoltà senza correre il rischio di umiliarle, mette in scena una commedia famigliare. Si inventa una zia contadina, che coltiva frutta e verdura e alleva animali, ottenendo prodotti che in realtà lei si procura nelle botteghe sotto casa, per poi regalarli a chi nel quartiere non se li può permettere.
Galeotto nell’amicizia tra Borellini e questa figura, sarà guarda caso un pranzo. Guarda caso proprio napoletano, a base di Genovese, la salsa regina della cucina napoletana.
Condividendo con la propria protagonista la passione per la cucina, e in parte la tradizione gastronomica d’origine, Lozza riesce ancora una volta a raccontare due città lontane con equilibrio e passione, accarezzando e castigando entrambe per gli opportuni motivi. Non è mai fredda ma non è di parte, si sente che ama entrambe come si può andar matti per un dolce napoletano esageratamente dolce e allo stesso tempo per un piatto di polenta lombardo dal gusto rustico e quasi amaro. (OmniMilano)
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