Mercati, stagnazione e l’apocalisse zombie

Attualità

Milano 4 Febbraio – Immaginatevi una serena Domenica di tarda primavera, con un sole tiepido, ma non torrido. Un signore è seduto sull’erba, in cima ad una collinetta. Fuma spensierato. Lo sguardo è perso nell’orizzonte e sul viso si disegna un leggero sorriso. Cosa fa quell’uomo? Aspetta l’apocalisse zombie. Attorno alla collinetta i primi non morti abbattono le siepi, sono là per lui. Ma lui non si preoccupa e fuma felice. Questa, in breve, è la situazione attuale dei mercati. La versione lunga di questo articolo parte dall’analisi di Fadi Hassan, ordinario del Trinity College di Dublino, che ci spiega che la crisi di queste settimane ha tre C. Commodities, ovvero materie prime, tipo il petrolio, in caduta libera. Cina, che sta rallentando visibilmente. Capitali, che si spostano dai paesi emergenti, procurando loro un improvviso ritorno alla realtà. Scusate una piccola digressione, vi ricordate quei soloni, grandi profeti e fenomeni da baraccone vari che, PROIETTANDO i risultati economici del periodo del petrolio a 100 dollari il barile, vaticinavano la fine dell’Occidente capitalista in favore dei paesi emergenti? Ecco, sono nella folla caracollante che compone l’apocalisse zombi. E sapete che ci fanno là in mezzo? Sono la prova che gli errori del nostro passato non si possono seppellire all’infinito. Prima o poi ritornano. E tornano per portarci i loro omaggi. Il prof Hassan, però, è ottimista. La Cina, per esempio, si può risollevare, sapete? Basta che investa soldi nei settori giusti e che, naturalmente, crei il mercato interno. Quello è fondamentale. Per crearlo deve, ipotizzo un po’ conoscendo i nostri apprendisti stregoni, far salire i salari. Tutto facile, no? No, ovviamente, maledetti Keynesiani, il risultato sarà solo aumentare il numero di zombi. Ovvero di asset tossici, di fabbriche che chiudono e delocalizzazioni, visto che l’infezione iniziale è nata proprio con il progressivo aumento del costo del lavoro, nel mito del mercato interno. La banale considerazione che quei consumatori non sono vincolati a comprare il made in China e che gli imprenditori non sono costretti a produrlo proprio là non ha sfiorato nessuno. Questa è l’oscura eredità del pensiero di Lord Keynes, semplificare la realtà, in maniera da farla entrare in poche, eleganti, equazioni che descrivano e sintetizzino la natura umana, anche quella più profonda. Il risultato è un’apocalisse, in cui dalle tombe del nostro passato tornano a perseguitarci i morti viventi.

Ma il prof Hassan, i media Italiani e gran parte dell’opinione pubblica Occidentale sta seduta sull’erba a fumare, magari preoccupandosi un sacco di quanto il fumo possa essere tossico, mentre l’orda barcollante la circonda. Il motivo è duplice. Intanto si pensa che, dopotutto, non sia vero che la fine è vicina. Gli zombi non esistono, come non esistono crisi dovute a mercati che diventano più equi, no? Sarà tutta una squallida speculazione. In seconda battuta, anche fosse vera l’apocalisse zombi, lo Stato ci penserà e risolverà il problema. Renzi, Junker, la Merkel. Qualcuno farà qualcosa e tutti noi ne usciremo. Gli zombi non sono la vita reale. Il mercato azionario non è la vita reale. Il problema è che, se per caso ci si sbaglia, non si ha tempo per pentirsi.

Ma la gente comune non lo sa ed è contenta se la Cina crolla, perchè se lo sono meritati. E poi, +6% non è vera crisi. Ce la faranno. Gli zombi spariranno ed il sole splenderà più vivo che mai. Beh, almeno quest’ultima frase è vera. E splenderà così ferocemente da lustrare le ossa degli ottimisti che, cadendo dal palazzo dei cento piani, si sono ripetuti novantanove volte “fin qui tutto bene”.

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