Milano 6 Febbraio – Di seguito, elencati senza un particolare ordine i dieci motivi per cui tutti, a partire dal PD, dovremmo imparare molto da questa campagna delle primarie USA. Ieri sera, per dirne una, c’è stato un confronto animato, serrato, senza esclusione di colpi, tra la Clinton e Bernie Sanders. Sanders non è Democratico. E non corre con un suo partito. Corre tra i Democratici. Cose che qui in Italia, patria delle competizioni addomesticate, non avremmo potuto vedere mai…
- I candidati non vengono selezionati. Corre chi ha i numeri per farlo. I soldi, la determinazione. Non l’approvazione delle gerarchie. Anzi, ad oggi i due candidati più innovativi e dinamici della scena, Trump e Sanders, gli apparati li combattono come missione umana, oltre che politica.
- Il passato del candidato conta. Nel bene e nel male. Le idee camminano sulle gambe di persone che non sono perfette. Cruz è nato in Canada (no, là la Kyenge non è ancora un idolo. L’Onu sta investigando il perchè). La Clinton prende soldi dal Wall Street, e questo è sospetto. (No, nemmeno Serra è mai arrivato là). Sanders, ahilui, è anziano. Sono tutte cose che, se dette qui, avrebbero scatenato l’inferno. Qui regna una dorotea ipocrisia, per cui sono tutti santi, salvo orgia contraria.
- Il futuro del candidato conta pure di più. No, non è questione di anagrafe. È questione di stile. Il programma copre oggi. Non copre domani. Per quello c’è l’attitudine. E per conoscere il tuo candidato, lui non scende da una processione di autoblu, camminando sopra un tappeto di figuranti adoranti e stringe mani a facce di cera che sorridono vacue. La cui età media, sommata, fa il debito pubblico Italiano. No, si sporca le mani ed i piedi nel fango, nelle convention ed in tutti i luoghi più sperduti. Per la banale ragione che ti fidi solo di chi guardi in faccia. Gli elettori sono pochi, quindi è un dovere incontrarli uno ad uno. Senza scorte visibili.
- Il successo non è una colpa. Il fallimento, nel proprio passato non è una colpa. L’immobilismo è una colpa mortale. Qualcuno lo spieghi ai nostri politici.
- Si. Mente. È lecito tacere. Sviare. Svicolare. Ma NON SI: MENTE. E non si mente perchè i giornalisti fanno il loro lavoro, che non è sguazzare nelle fogne delle procure, aspettando il primo sciacquone utile. No, è ricordarsi, puntualizzare, verificare. Perchè la coerenza paga. là. Qua paga Verdini, però dicono sia puntuale.
- Non arrivano tutti al voto. Se ti chiami Iannetta ti godi un paio di dibattiti pubblici, poi saluti la curva e lasci che gli elettori scelgano tra candidati plausibili.
- Le primarie non durano sei giorni e mezzo, perchè il candidato che deve vincerle non gradisce vedere troppa gente sotto le feste, mentre smaltisce il Panettone. Il tempo è deciso prima. E tutti si adeguano. Anche se si chiamano Clinton. Ovviamente nessuno ha il privilegio di chiamarsi Sala, questo pare evidente.
- I dibattiti televisivi sono sangue e melma. Le rotture esistono. Ma alla fine, la stragrande maggioranza delle volte, si corre tutti nella stessa direzione. Ma non per “disciplina di partito”, cosa che non esiste. Ma solo perchè, alla fine, un Huckabee ha più in comune con te di una Clinton. Idee, programmi, fede e visioni. Tutte cose che qui ci siamo persi. Assieme alla nostra innocenza.
- Non esistono candidati naturali, ereditari, predestinati o eletti dal Signore. Nemmeno per unzione. Come possano sopravvivere, tralasciando vincere, ci è ignoto.
- Se sei un conservatore non devi chiedere scusa a nessuno. Non ci sono magnifiche sorti progressive dietro l’angolo. Ci sono principi, radici e valori. C’è Cruz, Dio lo benedica. Anche qui, come possano sopravvivere senza il loro Brunetta che denuncia con coraggio le teorie cospirazioniste pro inflazioni è al di fuori delle mie capacità di analisi.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,