Rapporto Caritas sulla prostituzione a Milano

Milano

Milano 7 Febbraio – Dietro il grande incremento delle donne nigeriane tra i richiedenti asilo si nasconde il racket della prostituzione. Lo denuncia è di Caritas Ambrosiana in un report realizzato in occasione della Giornata mondiale contro la tratta che la Chiesa celebra in tutto il mondo il prossimo 8 febbraio e che a Milano vedrà un programma di eventi, tra cui l’incontro nella Basilica di Sant’Ambrogio dell’Arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola con il premio Nobel per la pace Kailash Satyarthi.
Il rapporto dell’unità di strada Avenida di Caritas Ambrosiana, attiva a Milano, rivela che nel capoluogo lombardo dal 2010 ad oggi sono raddoppiate le donne nigeriane. Quasi tutte sono arrivate in Italia via mare a Lampedusa e sono transitate dai centri di accoglienza. Molte di loro hanno fatto richiesta di asilo politico e sono in attesa di sapere se è stato accolto, ma c’è anche qualcuna a cui sono stati sequestrati da subito i documenti e si trova quindi nella piena irregolarità.
«È dall’emergenza Nord Africa, già nel 2011, che abbiamo segnalato il problema. Ora il fenomeno è esploso. Le schiave del sesso arrivano sui barconi e quando giungono in Italia hanno già imparato a memoria la storia da raccontare alle autorità per chiedere asilo. Una storia fotocopia di quella delle altre, preparata dai trafficanti,  spiega Palma Felina, dell’area tratta e prostituzione di Caritas Ambrosiana in un ampio servizio che uscirà sul prossimo numero dello street megazine Scarp de’tenis  – Alle donne viene spiegato che è un passaggio obbligato per poter iniziare a lavorare, anche se nessuno dice quale lavoro dovranno in realtà fare e a quali condizioni». Le nigeriane sono ‘relegate’ alla periferia della città e sono rimpiazzate velocemente da nuove venute: sostenuto è infatti il turn over, ovvero il numero di donne nuove incontrate ogni anno.  Gli operatori  hanno il sospetto che in molti casi siano più giovani di quanto dichiarano e che spesso siano in realtà minorenni.

Il Rapporto inoltre fotografa il mondo della prostituzione sulle strade di Milano e hinterland. Oltre alla Nigeria, sono Romania e Albania gli altri paesi di provenienza. Le tre nazionalità che da sole rappresentano il 90% delle donne costrette a prostituirsi. Quella rumena si conferma la nazionalità prevalente sul territorio milanese, ma dal 2010 è in flessione costante. Se prima, fino al 2010, le donne rumene rappresentavano fino all’80% delle donne totali incontrate, ora sono man mano diminuite fino al 2015, in cui le presenze sono calate di quasi il 30%. Spesso Milano è una ‘tappa’ transitoria di un percorso di sfruttamento prostituivo che le porta in altre città o stati (per le rumene in particolare Spagna, Inghilterra, Germania).

Dai racconti emerge che spesso si tratta di giovani madri sole con figli lasciati in Romania alla cura delle famiglie, reclutate con una sorta di ‘accordo’  con gli ‘sfruttatori’ prima della partenza, che dovrebbe stabilire la percentuale di guadagno che la donna potrà tenere per sé, accordi assolutamente disattesi, fino alla presenza del fidanzato/sfruttatore.

Nel corso degli ultimi la presenza a Milano delle donne albanesi sulla strada è cresciuta in modo significativo. Se ancora nel 2010 la loro presenza era residuale (il 2,4% delle donne da noi incontrate), nel 2015 rappresenta il 20%. Il turn over delle donne albanesi è molto alto e alta la loro mobilità sul territorio. Utilizzano il visto turistico che permette loro di stare sul nostro territorio per tre mesi, alcune quindi tornano periodicamente in Albania, in altri casi rimango in Italia irregolarmente. Sono giovani donne (il 40% di loro dichiara meno di 23 anni) che si prostituiscono in tutta la città,  spesso sfruttate dal fidanzato,  in grado di esercitare su di loro un condizionamento psicologico fortissimo
L’unità di strada offre la possibilità alle donne di essere accompagnate ai servizi socio-sanitari sul territorio, oltre che colloqui ‘sociali’ in collaborazione con il Servizio emergenza donne. Dal 2010 ad oggi sono state seguite 400 donne; la richiesta e l’intervento maggiore riguardano l’accompagnamento ai servizi sanitari (nell’ottica di un intervento sulla tutela della salute e prevenzione malattie sessualmente trasmissibili).

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