Il cervello felice – il metodo per potenziare la memoria, l’intelligenza e l’intuizione: recensione

Cultura e spettacolo
Prima di scrivere il libro mi chiedevo “cos’è successo?”, ora mi chiedo “cos’ho mangiato ieri sera per essere triste?” : il successo del genere librario “organi felici”.

Milano 8 Febbraio – Il cervello felice – il metodo per potenziare la memoria, l’intelligenza e l’intuizione, del medico e neuropsicologo americano John Arden, è approdato da pochi giorni tra noi. Il titolo originale in lingua inglese è The Brain Bible, quindi più fedele in italiano sarebbe forse stato un letterale La Bibbia del cervello, o anche Vademecum della mente, Il programma “Mente in forma” e via discorrendo. Lo stravolgimento della nostra traduzione è frutto di una buona trovata editoriale, pensata affinché il lettore accosti immediatamente il nuovo libro al recente bestseller da centomila copie L’intestino felice, della ricercatrice tedesca Giulia Enders. Se il prodotto sarà altrettanto felice economicamente, come si augura la casa editrice con tale battesimo, si vedrà. Quello che è certo è che, organo a parte, la formula è la medesima. Rientra nel genere della saggistica divulgativa, ad opera di scienziati professionisti: linguaggio semplice e accattivante, sintassi quasi elementare, disposizione del discorso chiara e facilitata; ancora, tanti esempi pratici e spiegazioni dei più ostici concetti del mestiere. Più che altro, però, li accomuna ciò che una larga fetta di lettori si aspetta da opere come queste.

I due autori, dal canto loro, mettono a disposizione lo studio di una vita, come nel caso di Aden, o le proprie brillanti doti di giovane promessa della ricerca medica, come la Enders. Lo scopo evidente è quello di rendere accessibili a un pubblico più vasto possibile i giusti avvertimenti per una vita salutare, che si declinano ovviamente a seconda dell’area di specialità del singolo autore: che siano accorgimenti quotidiani per mantenere in forma il cervello, o spiegazioni delle principali disfunzioni intestinali. In fin dei conti “felice” come primo e pieno significato vuol dire “sano” – e nessuno dissentirebbe mai sull’appropriatezza del termine. Insomma, il punto non sono questi libri di per sé: ambedue gli scienziati di fatto hanno trattato ancora una volta della correlazione tra corpore sano e mens sana, non diversamente da altri colleghi scrittori. Più che per il contenuto, in campo editoriale la sostanziale differenza l’hanno fatta per il modo, cioè l’originalità della presentazione e la sua facilità ad adattarsi anche al lettore meno esperto (il linguaggio, le illustrazioni, l’impostazione funzionale del “programma giorno per giorno”). Ma basta questo a giustificare un’attenzione così massiccia?
È proprio una frase della Enders a illuminarci sul punto cruciale della questione. La studiosa, in merito alla propria fatica divulgativa, dichiara: Prima di scrivere il libro mi chiedevo “cos’è successo?”, ora mi chiedo “cos’ho mangiato ieri sera per essere triste?”. Ecco lo spirito con cui il grande pubblico oggi si accosta al genere “organi felici”, e la chiave del suo successo -anche di vendita.

L’attenzione di massa, o meglio l’ossessione, per la salute del corpo e la sua preservazione ha radici lontane. Negli anni Ottanta tutto questo è diventato mainstream, divulgandosi in tutte le forme possibili. È avvenuto per una serie di fattori socio-culturali, ma soprattutto per l’indispensabile supporto di mezzi di comunicazione sempre più potenti e onnipresenti: volumi a tema, riviste, corsi in videocassetta, programmi televisivi, pubblicità. In poche parole, che libri ad argomento benessere vadano a ruba non è una novità da decenni, a maggior ragione adesso che tale tendenza culturale, al fine di conservarsi, si fraziona in aspetti sempre più specifici della materia intera. Un esempio su tutti: l’odierno accanimento sul tema “cibo”.
Al giorno d’oggi, però, sono cambiati i termini; si può dire che siamo andati oltre, o che ci stiamo andando. Se prima la rincorsa di massa verso un corpo sano e prestante proveniva dall’impulso (più o meno indotto) di adeguarsi all’ultimo modello di “successo”, di giovinezza e brillantezza, adesso proviene dall’antico bisogno di allontanare il malessere esistenziale. Ciò che si chiede infatti inconsciamente a questo genere di opere scientifiche non è solo la conoscenza, la salute o la bellezza, bensì il superamento dei nostri problemi interiori. Forse non avrei dovuto sposarmi, troppo lavoro, dice una paziente di Arden nel libro; ma impostando un preciso stile di vita sano e stimolante, la donna ritorna a vedere la propria unione con la giusta prospettiva. Non siamo qui a stabilire se il rimedio sia efficace o meno: non si può negare che, prima d’ora, quasi nessuno avrebbe pensato di attribuire alla fatica del tran-tran coniugale un problema alla base di sinapsi nervose o metabolismo. Di solito, davanti a una questione simile la mentalità comune tende decisamente a ricercare cause di ben altro ordine. “Forse non avrei dovuto sposarmi, troppo lavoro”, e quindi in automatico: siamo troppo diversi; non provo più sentimento; non è possibile conciliare la professione con il matrimonio; dovevo pensarci prima, e così via. È evidente che si cerchino risposte inedite al bisogno collettivo di liberazione dalla negatività contemporanea, cioè da fiacchezza, stress, depressione. Questa nuova strada in particolare è una disciplina pragmatica con precetti universalmente validi, chiari e deresponsabilizzanti.

Nel frattempo, l’esigenza di guarirsi si fa sempre più pressante. Non è un caso che in libreria, all’autogrill, al supermercato a spopolare siano questi saggi divulgativi e, contemporaneamente, proprio un filone di manuali ispirati alla saggezza orientale della casa editrice Vallardi. Capostipite è stato il fortunatissimo Il magico potere del riordino – Il metodo giapponese che trasforma, che, tramite il semplice gesto di mettere a posto gli oggetti, si propone di aiutarci a fare ordine dentro noi stessi. Sono seguiti poi, in ordine sparso e in un lasso di tempo davvero ridotto, i “manuali del monaco buddhista”: Manuale di pulizie di un monaco buddhista – Spazziamo via la polvere e le nubi dell’anima, Manuale di un monaco buddhista per liberarsi dal rumore del mondo – 37 esercizi per ottenere la tranquillità dell’animo, Manuale di un monaco buddhista per sconfiggere la paura degli altri – Tecniche per vivere meglio senza consumare la propria anima. Nonostante le apparenze, con gli organi felici hanno molto in comune. Cosa può avvicinare, in questa sede, un genere scientifico-divulgativo a nozioni di filosofia orientale? Il fatto che vengano consumati per lo stesso identico motivo, guarire dall’infelicità, e con identica impostazione. Il metodo scientifico non è lontano da quello dei volumi di questa saggezza orientale occidentalizzata, che non a caso nei titoli riportano termini come “manuale”, “esercizi”, “tecniche”, “metodo”: regole ben definite, da applicare nella vita di tutti i giorni mediante vero e proprio addestramento.

In conclusione, l’interesse per l’argomento “benessere” ha intrapreso forse una strada particolare. Risponde adesso ad esigenze decisamente più complesse, disagi profondi più che mai allo scoperto che cercano nuove modalità di risoluzione. Tante parentesi si potrebbero aprire, accennando a tali tematiche: è cambiata in parte la mentalità, nel senso che tendiamo a cercare principalmente al di fuori di noi stessi le cause di malessere? Pretendiamo, inconsapevolmente, dei manuali di istruzioni pratiche che semplifichino, e offrano una soluzione generale? Di certo, il dato davvero curioso è uno. I manuali di salute e cura del corpo, come questi volumi degli “organi felici”, vengono largamente consumati non più (o meglio non solo) per una concezione salutistico-estetica, ma paradossalmente per l’esatto contrario: la serenità e la pacificazione dell’animo.

Francesca del Boca

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