Milano 11 Febbraio – Il nome del periodo storico chiamato Rinascimento deriva dalla radice latina renasci, ciò che nella lingua italiana dà luogo a rinascere e rinascita . Ma perché “rinascere”? vien da chiedersi. E “rinascere” da che cosa?
La risposta è complessa perché affidata a molteplici componenti, intrecciate tra loro. Sta di fatto che l’uso della suddetta parola si espanse in breve tempo, già alla fine del XIV secolo, in molti Paesi europei: divenne Renaissance in Francia, Renacimiento in Ispagna e Wiedergeburt in territorio tedesco.
In questo periodo si ebbe a Firenze – e poi in tutta Italia e in Europa – un rinsaldato legame con le origini romane della città, originatosi già con le opere soprattutto di Francesco Petrarca, che produsse un atteggiamento consapevole di una ripresa dei modi dell’età classica greca e romana.
Il passato antico, però, non diveniva qualcosa di astratto e mitologico, ma veniva indagato coi mezzi della filologia con lo scopo di trarne un’immagine più autentica e veritiera possibile, così da creare un esempio per nuovi ideali e progetti, evitando modelli di pedisseque imitazioni.
Ne scaturì una nuova percezione dell’uomo e del mondo, dove il singolo individuo era in grado di autodeterminarsi e di coltivare le proprie doti, con le quali poter vincere la Fortuna (nel senso latino di “sorte”) e dominare la natura, modificandola.
Questa valorizzazione delle potenzialità umane divenne la base della dignità dell’individuo, con il rifiuto della separazione tra spirito e corpo. Importante, in questo contesto, anche un maggiore atteggiamento di vita associativa, per la quale assumevano un valore particolarmente positivo la dialettica, lo scambio di opinioni, lo scambio di informazioni con reciproci confronti.
Nell’attuale linguaggio universale il termine Rinascimento designa un complesso di tendenze spirituali e culturali (scientifiche, artistiche, religiose, politiche e sociali) in un’epoca dai confini temporali mal precisabili, ma che invade in sostanza i secoli XV e XVI. (F. Blume)[1].
Jacob Burckhardt[2], uno dei più profondi studiosi del Rinascimento, scrisse che “la scoperta del mondo e dell’uomo coincide con la storia spirituale e politica dell’Italia” di quel periodo, che diventa così la culla stessa del Rinascimento. Si trattava, secondo lui, di un risveglio delle coscienze e delle idee.
“Senza dubbio il Rinascimento è il periodo della Storia dell’umanità degli ultimi due millenni che, a lungo andare, ha determinato e guidato lo spirito europeo (e indirettamente lo spirito di molti popoli extraeuropei) nel modo più profondo e duraturo. Il Rinascimento ha posto le basi non solo della vita artistica, ma di tutta la vita etico-spirituale, fino agli inizi del XX secolo. “E’ una verità forte ed incontestabile che con esso sia iniziata una “Nuova Era” (Blume, op.cit.), da sostenerne la definizione di “ periodo della Storia della civiltà e dello spirito”.
Questa nuova concezione di se stessi e della vita si diffuse con entusiasmo, ma, basandosi sulle forze dei singoli individui, di aspetti sconosciuti al più apparentemente rassicurante sistema medievale. Alle certezze del mondo tolemaico, si sostituirono le incertezze dell’ignoto, alla fede nella Provvidenza si avvicendò la più volubile Fortuna, ma anche il senso di responsabilità personale di autodeterminazione.
Un’autentica rivoluzione, riassumibile nello slogan “riguadagnare il mondo” usato frequentemente alla corte di Lorenzo de’ Medici, figura cardine di quella nuova “età dell’oro” conclusasi ufficialmente con la scoperta dell’America e la riforma protestante.
Per Burckhardt il Rinascimento italiano rappresenta anche la vetta artistica della società europea, giunta alle soglie della propria modernità culturale. Nelle delicate forme di Raffaello si compie infatti il completo riscatto della naturalezza umana dalle “mortificazioni” della precedente pittura cristiana medievale. Come nell’antica Grecia, l’uomo è di nuovo padrone di se stesso e del mondo, senza alcun limite superiore alla propria iniziativa individuale. Le corti dei Signori italiani diventano così il centro dell’uomo nuovo rinascimentale. Il cortigiano scalza il monaco come modello guida dello Stato e della società, pieno di vigore fisico e acume intellettuale. L’età di Machiavelli è alle porte con tutte le conseguenze (spesso drammatiche) del caso[3].
Burckhardt, ripete più volte il concetto, che tutti i suddetti elementi etico-spirituali, che contraddistinguono il Rinascimento, “hanno dominato il mondo occidentale solo grazie al suo stretto legame con lo spirito nazionale italiano, esistente accanto ad esso”.
Non vi è dubbio, d’altra parte che, come nelle arti figurative e nella letteratura, anche nella musica lo spirito nazionale italiano abbia partecipato alla formazione di un nuovo ideale nell’ambito delle varie arti.
Per quanto riguarda l’architettura e le arti pittorica e scultorea, il termine generico “rinascita” venne usato anche da Giorgio Vasari nel suo trattato “Vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino à tempi nostri” per indicare un ciclo, da lui individuato, che partendo da Giotto e affermatosi con Masaccio, Donatello e Brunelleschi si liberava dalle forme greco-bizantine per tornare a quelle romano-latine, culminate nella figura di Michelangelo.
Anche la vita musicale italiana si rinnovò completamente grazie alla nuova fisionomia ed ai nuovi ideali assunti dalla società, che favorirono l’affermarsi di una moltitudine di compositori (più di un centinaio rispettabili, più di una ventina di eccellenti) nei secoli XV e XVI. La musica profana andò acquistando sempre maggiore importanza, così come quella strumentale e quella vocale a carattere monodico. La suite ancora a lungo perseguita nell’Europa del Nord, soprattutto nella Germania del Nord, fu abbandonata a favore della sonata in 2-3 tempi e a favore della sinfonia.
Nacque, infine, l’opera musicale e con essa una intera legione di strumentisti e di cantanti specializzati nel nuovo filone “teatrale”, differente da quello tradizionale della musica religiosa. Questo nuovo patrimonio, del tutto italiano, oltre che da tutto ciò che si è detto fin qui , fu favorito dalla lingua italiana, certamente la più musicale in Europa, come ebbe a dire Mozart in più di una occasione.
A conclusione, è realistico affermare che il grado di civiltà dell’intera Europa, nei suoi vari aspetti etici, culturali e sociali, non sarebbe quella attuale, se non ci fosse stata quell’autentica magistrale rivoluzione chiamata Rinascimento, cui la partecipazione italiana diede un significativo impulso.
[1] Friederich Blume: Storia della musica dal Medioevo ai giorni nostri. A. Mondadori Editore. Milano, 1984
[2] Jacob Burckhardt: Die Kultur der Renaissance in Italien (1860). (La civiltà del Rinascimento in Italia). Stampato in Italia da vari successivi Editori
[3] Da Internet: Testo di Simone P. Sotto la voce: Jacob Burckhardt: La civiltà del Rinascimento in Italia.
Emilio Respighi