Bail-in un modo per scoprire se la propria banca è sicura

Attualità

Milano 18 Febbraio – Le banche purtroppo in questi ultimi anni ci hanno abituato troppo spesso a brutte sorprese, dovute a crisi finanziarie di notevole entità, che hanno generato non pochi problemi sui conti dei risparmiatori. Dal 1 gennaio 2016, con l’introduzione di una nuova manovra interna, la banca sarà in grado di fronteggiare una crisi grazie alla normativa “Bail-in” (letteralmente salvataggio interno), che entrerà in vigore se la banca ha dei problemi finanziari seri.

Bail-in: la garanzia interna per le banche in crisi.

Bail-in è una strategia attuativa interna che viene applicata dalle banche in crisi per essere salvate. Prima del 2016, quando una banca entrava in crisi, il conto dei dissesti creditizi veniva ripianato dallo Stato, facendo ricorso al Fisco o ai Fondi di garanzia. Da quest’anno invece, a pagare i conti della banca saranno chiamati innanzitutto gli azionisti, successivamente gli obbligazionisti e infine anche i correntisti con più di 100mila euro depositati in quella stessa banca.

La garanzia di solidità finanziaria degli istituti bancari.

Il Bail-in, come detto, potrebbe avere conseguenze negative quindi anche sui risparmiatori. Gli ultimi ad essere aggrediti infatti, dopo azionisti e obbligazionisti, sono i conti correnti superiori ai 100.000 euro delle persone fisiche e delle piccole e medie imprese. Per questo è importante tenere ben presente la solidità dell’istituto di credito a cui si affidano i propri risparmi e anche estrema attenzione ai rischi di alcune tipologie di investimento, in particolare al momento della sottoscrizione. Va comunque precisato che, nel caso ci sia una crisi bancaria, le cifre depositate fino ad un massimo di 100.000 euro sono garantite dal fondo interbancario di tutela dei depositi.
In questi mesi l’interesse nei confronti della solidità delle proprie banche è cresciuto in maniera esponenziale. I correntisti hanno cominciato a considerare alcuni indicatori che ne misurano la solidità come: il rating, la valutazione delle agenzie internazionali; il consensus degli analisti, ovvero i “consigli” di eventuale acquisto, mantenimento o vendita di un titolo; l’andamento dei Cds, i credit default swap che rappresentano il “premio” per assicurarsi contro il default. L’indicatore più interessane è il Cet1 (Common equity tier 1), che sta ad indicare il rapporto tra il capitale della banca e l’esposizione al rischio. Maggiore è l’indice e minori saranno le probabilità che la banca si trovi in difficoltà. La normativa europea sancisce che questo indicatore dovrebbe essere almeno dell’8%, cifra superata da molte banche italiane, almeno secondo gli ultimi dati disponibili. (Tg.com)

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