Milano 18 Febbraio – È strage ad Ankara. Ventotto persone sono state uccise e altre 61 sono rimaste ferite nell’esplosione di un’autobomba accanto ad autobus con a bordo personale militare nel quartiere di Kizilay, che ospita la sede del Parlamento e del quartier generale dell’esercito. Forze di sicurezza e governo hanno subito condannato l’attacco come atto terroristico “ben pianificato” visto che l’auto è stata fatta saltare mentre il convoglio militare era fermo al semaforo, nell’ora di punta serale nella capitale turca.
A qualche chilometro di distanza, nel palazzo presidenziale, era in corso una riunione di sicurezza di alto livello alla presenza del presidente Recep Tayyip Erdogan.
Al momento nessun gruppo ha rivendicato l’attentato, mentre si susseguono le accuse reciproche. Il governo punta il dito contro i militanti del Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, ritenuto fuori legge da Ankara.
Fonti della sicurezza nel sud-est del Paese, a maggioranza curda, dicono invece che dietro l’attacco ci sarebbe lo Stato Islamico.
«Continueremo la nostra lotta contro le pedine che effettuano tali attacchi, che non conoscono limiti morali o umanitari, e contro le forze dietro di loro, con più determinazione ogni giorno che passa», ha dichiarato il presidente Erdogan, che ha cancellato a sua visita in Azerbaijan prevista per oggi. Annullato anche il viaggio a Bruxelles del premier Ahmet Davutoglu che avrebbe dovuto presenziare al vertice Ue di oggi e domani sulla questione dei migranti.
UN ATTACCO PIANIFICATO
«È chiaro che l’attacco è stato ben pianificato», ha precisato il portavoce del governo turco e vice premier, Numan Kurtulmus. L’esplosione è avvenuta ieri intorno alle 18,30 locale (le 17,30 in Italia), nell’ora di punta nella capitale. Secondo le autorità, gli attentatori hanno fatto saltare l’auto, piazzata a lato della strada principale del quartiere, mentre autobus con a bordo personale militare erano fermi al semaforo. Immagini sui social media hanno mostrato i resti carbonizzati di almeno due autobus e una macchina. L’autorità radiotelevisiva turca (Rtuk) nel frattempo ha però imposto un divieto di trasmissione in tv delle immagini dell’esplosione.
La Turchia, membro della Nato, affronta molteplici minacce alla propria sicurezza: fa parte della coalizione guidata dagli Usa contro lo Stato islamico in Siria e in Iraq, e negli ultimi giorni si è fatta più strenua la lotta contro i militanti curdi del Pkk nell’est del Paese dove lo scorso luglio è crollato il cessate-il-fuoco in vigore da oltre due anni. Forte condanna dell’attacco di ieri è arriva infatti anche dalla Nato. «Gli alleati della Nato sono vicini e combattono spalla a spalla nella lotta contro il terrorismo», ha dichiarato il segretario generale Jens Stoltenberg.
Il Pkk che ha combattuto una strenua insurrezione durata oltre trent’anni per ottenere l’indipendenza curda, attaccando spesso obiettivi militari, anche se la sua offensiva si è sempre concentrata nel sud-est del Paese, a maggioranza curda.
L’attacco di ieri arriva dopo l’attentato dell’ottobre scorso nella capitale, imputato allo Stato islamico, quando due attentatori si sono fatti esplodere durante un raduno di attivisti filo-curdi davanti alla principale stazione ferroviaria della capitale, uccidendo più di 100 persone.
Un altro attentato jihadsita nel centro storico di Istanbul a gennaio ha causato la morte di 10 turisti tedeschi. (La Stampa)
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