Milano 22 Febbraio – Il vivace dibattito tra la ministra della Pubblica Istruzione ed una linguista italiana che lavora in Olanda, vincitrice di un prestigioso grant ERC, ha acceso la curiosità di molti sullo stato della ricerca in Italia. Vediamo come stanno le cose analizzando i dati del settennio di attivita dello European Research Council(2007-2013).
I fatti sono noti: la ministra ha gioito dei buoni risultati dei 30 studiosi, di origine italiana, che si sono aggiudicati un Grant ERC nell’ultima valutazione annuale. Per la ministra è “un’ottima notizia per la ricerca italiana”. La vincitrice le ha ricordato che di questi 30 progetti solamente 13 saranno sviluppati in Italia, gli altri verranno sviluppati dai ricercatori “nazionali” (con passaporto italiano) presso istituzioni di altri paesi europei. La mobilità nel mondo della ricerca è fisiologica, ma a fronte dei 17 grant esportati dal nostro paese, in Italia non arriverà nessun ricercatore dal resto d’Europa.
Questi dati, relativi ai finanziamenti ERC del 2014, parlano già abbastanza chiaro. Per fornire un quadro più completo riporto alcune statistiche prese dal rapporto dello European Research Council sul suo primo settennio di attivita: 2007-2013. Va chiarito, per chi non fosse esperto della materia, che i finanziamenti ERC sono un indicatore importante della qualità della ricerca e che riguardano sia le scienze naturali che quelle sociali. Ogni progetto fa capo ad un ricercatore (il Principal Investigator) e mobilita risorse consistenti, circa 2 milioni di euro su un arco di 5 anni. I finanziamenti vengono assegnati da commissioni di specialisti scelti esclusivamente sulla base dei meriti scientifici e consentono al ricercatore di sviluppare in totale autonomia ricerche ad alto potenziale innovativo. I fondi sono inoltre portabili da una istituzione ad un’altra; quest’ultima caratteristica ha rafforzato la concorrenza tra istituzioni e paesi che si adoperano per avere gli studiosi migliori.
Per questi motivi l’allocazione dei fondi ERC fornisce un utile termometro della qualità e della capacità di attrarre “scienziati” dei paesi coinvolti. Bene, nei primi 7 anni di attività ERC ha finanziato complessivamente circa 4.300 progetti. Di questi 407 (circa il 9%) sono stati vinti da ricercatori con passaporto italiano, ma solo 229 sono stati portati in Italia (circa il 56% di quelli vinti da italiani). Significa che i rimanenti 178 vincitori “italiani” o si trovavano all’estero o hanno scelto di trasferircisi per sviluppare il proprio progetto. Per contro, in questi sette anni l’Italia ha accolto solamente 24 ricercatori con fondi ERC provenienti da altri paesi. Un confronto con la Francia (paese a noi simile per demografia e reddito) indica che dei 498 finanziamenti ottenuti da studiosi “francesi” nello stesso periodo (circa l’11% del totale ERC), 417 sono rimasti nel paese (circa l’84%). Già qui siamo lontani dall’Italia ma, a fronte degli 81 ricercatori “emigrati”, la Francia ospita ben 154 progetti di studiosi non-nazionali, ossia “immigrati”, con un saldo netto positivo pari a circa il 15% del totale dei progetti assegnati a studiosi di nazionalità francese. Tra i paesi grandi, con cui dovremmo forse ambire a confrontarci, svetta il Regno Unito che ha un totale di 969 progetti, di cui 433 fanno capo a ricercatori non-nazionali!
Tavola – Statistiche riassuntive su ERC Grants 2007-2013
Italia | Francia | Germania | Regno Unito | |
# grant totali nel paese | 253 | 571 | 614 | 969 |
#grant a ricercatori “nazionali” | 407 | 498 | 700 | 604 |
#grant a ricercatori “nazionali” / POP (in miloni) | 6,69 | 7,67 | 8,56 | 9,52 |
I dati mostrano un’Italia che non ha niente di cui rallegrarsi. La situazione è drammatica: il paese trattiene appena il 56% dei fondi vinti dai suoi “nazionali”, contro il 64% della Germania, l’84% della Francia, l’88% del Regno Unito. Peggio di noi solo i piccoli paesi Austria e Irlanda, fa meglio anche la Spagna, un paese arrivato molto in ritardo alla ricerca universitaria di qualità. Ancora: a dispetto della sua ricca storia di arte e di scienze il nostro paese attrae pochissimi cervelli: la percentuale di progetti gestiti da non-nazionali in Italia è del 10%, contro il 30% di Francia e Germania, e il 45% del Regno Unito.
Nonostante queste considerazioni, alcuni leggono nei successi dei ricercatori con passaporto italiano (30 grants) una conferma della bontà del nostro sistema di istruzione: in fondo questi studiosi sono stati istruiti in Italia (almeno in parte, alcuni avranno fatto il dottorato all’estero). Anche qui non mi sembra ci sia molto di cui andar fieri: ovviamente un paese grande vince piu progetti di un paese piccolo (come l’Austria per esempio), ma normalizzando i dati rispetto alla popolazione come appare la performance italiana? I dati ERC mostrano che l’Italia fa ancora un po’ meglio della Spagna (non riportata in Tabella) ma è ultima tra i 4 grandi: dopo Francia, Germania e Regno Unito. Viene invece voglia di invidiare certi paesi, come la piccola Olanda dove appunto opera Roberta D’Alessandro la linguista che ha polemizzato con Stefania Giannini, i cui ricercatori nazionali hanno vinto ben 336 progetti (264 dei quali rimasti nel paese), con l’incredibile rapporto (rispetto alla popolazione) di 20! Questo si che è un paese per studiosi.
Due considerazioni conclusive. Forse il lettore meno esperto si chiederà perche l’Italia sia cosi poco ambita dai ricercatori, in particolare da quelli che i fondi li hanno trovati: il motivo è che la gestione di questi fondi in Italia è meno facile e meno conveniente che altrove. Un ricercatore che conferisce 2 milioni di euro a un istituto viene accolto a braccia aperte in un sistema sano. In molti posti gli si offre una cattedra, o quantomeno una prospettiva di sviluppo, un buon stipendio, buoni laboratori. Nel sistema Italiano, con pochissime apprezzabili eccezioni, non succede. Un decreto ministeriale del dicembre 2015 consentirà (forse) ai giovani vincitori di Starting Grant ERC (persone normalmente intorno ai 35-40 anni) di essere assunti come ricercatore a tempo determinato …. a occhio stimo che in Francia o in Olanda si ottenga una posizione con uno stipendio doppio o triplo. Alcuni atenei Italiani ci stanno provando, districandosi tra i milli garbugli burocratici che impediscono a un rettore di stendere un tappeto rosso al bravo ricercatore come avviene oltralpe.
La seconda: pensare che la ministra gioisca dei dati descritti sopra è allarmante. È in corso uno storico esodo di capitale umano, inziato circa 40 anni fa ma cresciuto nell’ultimo decennio in modo vertiginoso, ed il paese è incapace di attrarne di nuovi da fuori. Anziché rallegrarsi la ministra dovrebbe incatenarsi alle porte del suo dicastero e pretendere strumenti amministrativi per premiare il merito, assieme alle risorse finanziarie per farlo. Il fatto che non sia possibile oggi offrire una cattedra e uno stipendio competitivo ai vincitori dei grant ERC la dice lunga sui vincoli burocratici che impediscono una gestione orientata all’eccellenza. Inoltre per premiare il merito servono risorse. Purtroppo negli ultimi dieci anni i fondi destinati alla ricerca e all’universita’ nel nostro paese si sono sostanzialmente ridotti. La complessa procedura di valutazione della qualita della ricerca effettuata in Italia da ANVUR non serve a niente se nel frattempo si tagliano i fondi agli atenei, impedendo che i fondi arrivino dove servono e sono strameritati (si veda qui). Si sa, la qualità della formazione superiore e del finanziamento delle eccellenze non porta voti, come invece fa il bonus cultura ai diciottenni o l’abolizione di IMU e TASI. Ma un governo che taglia i fondi all’istruzione mentre finanzia il taglio delle imposte sugli immobili è un governo miope, che elargisce favori ai vecchi proprietari e mina il futuro delle prossime generazioni. Senza una forte inversione di rotta, una rivoluzione, nella gestione del mondo della ricerca relativa ai suoi finanziamenti e ai criteri con cui sono allocati, il paese procederà spedito verso l’abisso, come il Titanic verso l’iceberg, mentre sul ponte si danza e si gioisce per gli ottimi risultati ottenuti.
Francesco Lippi (francesco lippi)
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