Milano 27 Febbraio – Contraddizione perenne di questi paladini dei diritti è il non riconoscere l’altro aspetto della medaglia, quello dei doveri. E dunque sarebbe opportuno che in questa sbornia di enfatica modernità maturata attorno al disegno di legge sulle unioni civili (che ha superato lo scoglio del Senato) si compisse anche la vera rivoluzione della coerenza: Monica Cirinnà fuori dal Parlamento. Nei giorni amari in cui il «canguro» era stato abbattuto dai cinquestelle aveva detto che se la sua proposta fosse stata snaturata, o meglio letteralmente fosse diventata una «schifezza», allora avrebbe lasciato la politica. Ma ora che è stata stralciata la parte sulla stepchild adoption e tolto l’obbligo di fedeltà dalla disciplina del vincolo delle unioni civili, fa finta di niente. Fischietta, la butta romanamente in caciara spiegando che si sta lavorando ad una riforma organica delle adozioni, che la legge menomata è comunque «un primo passo», che lo stralcio dell’adozione del figlio del convivente è un «buco nel mio cuore», anche se «c’è da essere parzialmente contenti». Insomma, abbiamo scherzato. Niente dimissioni. La stepchild adoption non era una battaglia campale e nemmeno epocale, ma solo navale, di quelle che si fanno sui fogli di carta. E tutti contenti. Contenta lei, che invece di far le valigie democristianamente esulta. Contento Renzi, che twitta un mieloso brocardo da Baci Perugina «ha vinto l’amore». Contento Alfano, che ha visto l’impennata delle sue quotazioni contrattuali in maggioranza, di cui ora può rivendicare una mezza golden share. Contento soprattutto Denis Verdini, il vero vincitore della partita sulle unioni civili. Come sul rinnovo delle commissioni, arriva all’ultimo e segna quel che c’è da segnare con la sua indispensabilità (senza i voti di Ala, ieri 18 su 19, la maggioranza si sarebbe fermata sotto la dead line di 161, arrivando a 155). Ciò ridisegna la geografia della stramba coalizione di governo, dove la sinistra Pd è con un piede fuori dal letto, come il marito rifiutato. Ora ci sarà la gara a negare e a smentire, ma in Senato s’è avuto il prodromo di un grande partito della nazione. Una nuova creatura. Con genitore uno, due e tre. Neanche l’incoerente Cirinnà avrebbe immaginato tanto.
Gian Marco Chiocci (Il Tempo)
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