Cosa c’è di diverso in Parisi

Milano

Milano 7 Marzo – Prima di tutto la confessione. Confesso che nemmeno io capivo quale fosse la differenza tra Parisi e Sala. L’immagine che mi veniva in mente più spesso era la scena di chiusura della Fattoria degli animali, di George Orwell. Alla fine, tra i maiali, che avevano combattuto gli umani con gli altri abitanti della fattoria, e gli umani si cessava di notare alcuna differenza. Mi sbagliavo. Va detto che l’errore non è interamente mio. La comunicazione è ancora agli inizi e non ha del tutto potuto centrare il punto, perché, giustamente, il candidato di centrodestra si sta concentrando su Sala, il suo sfidante. Ma il vero punto nodale per capire la differenza tra i due è fare un passo indietro. E domandarsi cosa abbia sconfitto la Moratti. Non, ovviamente, chi. Ma cosa. Perché non abbiamo, cinque anni fa, perso contro un team o contro un candidato. Abbiamo perso contro un mondo. Era l’immaginazione al potere. Non è fantastico? O, di sicuro lo era. Era bellissimo sognare che Milano diventasse un giardino fiorito. Aperta a tutti. Sicura tramite l’inclusione. Meticcia. Partecipata. Balle varie. Ma non balle qualsiasi. Palloni aerostatici, mongolfiere, dirigibili. Coloratissimi. Dall’altra parte la buona amministrazione. Il buon senso. La buona battaglia. Tutto buono, ma vogliamo mettere la fantasia? I Milanesi sappiamo tutti cosa hanno scelto. Poi hanno scoperto il trucco. È come nel Mago di Oz, dietro il fumo e le luci c’è un truffatore di paese che muove le leve ed agita le figure di cartapesta. E ci si impressiona, si applaude e poi ci si ricorda che lo spettacolo deve finire. E finisce inevitabilmente in periferia, nel degrado di via Padova e nel piano per rendere sicuro il Seveso, mai partito, solo sognato ed immaginato. Nello scempio delle caserme Voloire e Mameli. Cose note e stranote. Ma il vero e grande problema è che dietro la fantasia c’era il volto maligno dell’ideologia. Pisapia ha regnato, non ha amministrato. Era al di sopra di tutto, della logica, del buon senso e della buona amministrazione. Le piste ciclabili si sono moltiplicate senza una logica, un freno od un costrutto. Sono stati piantati alberi ovunque mentre se ne tagliavano centinaia senza, anche qui, alcuna logica. I tragitti della metropolitana sono quelli disegnati da altri, i freni ed i rallentamenti sono tutti loro. Cose che sapete già. E che sa, sicuramente, anche Sala. Infatti la sua campagna ha un prudenziale freno a mano tirato. Il silenzio, interrotto da commenti acidi ed astiosi, serve a coprire un vuoto di proposte lasciato dal fatto che all’ideologia non si può sostituire il buon senso. Il centrosinistra è inchiodato ai demoni del suo passato in un incubo senza fine.

È questo vuoto, buio e freddo, che fa splendere la serafica normalità di Parisi. È la quiete dopo la tempesta. Il silenzio dopo il fragore. La logica dopo il balbettio idiota. Questa normalità non colpisce subito, non ha i lustrini e rifugge le paillette. Però ha il grande vantaggio di non obbligare a mentire. Il più grande danno della giunta Pisapia è l’illusione collettiva che tutto vada sempre bene, Madama la Marchesa. Che il degrado sia percezione. Che il crimine sia “micro”. Che il problema sia il razzismo e non la stanchezza della gente. Ed il bello è che è una diga anche per l’ideologia di segno opposto. Quella che vorrebbe fare di Milano una prigione senza sbarre. Che rifiuta ogni confronto e che ci vuole rinchiusi in un mutismo ringhioso verso gli avversari. La normalità però ha bisogno di parole forti e ben veicolate. Ancora una volta, molto c’è da fare. Ma la buona battaglia è appena iniziata.

Speriamo che Parisi riesca a muoversi il più possibile, perché la normalità si diffonde solo sulle gambe delle brave persone.

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