Milano 10 Marzo – Il Governo, per bocca del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, mena vanto ogni giorno di una presunta riduzione dei furti, e la ascrive a suoi altrettanto presunti meriti.
Come spesso succede nelle vicende politiche italiane, i governanti vedono una realtà che i governati non vedono, e viceversa. Dove più, dove meno, il furto è l’attività criminale per eccellenza. Basta scambiare due chiacchiere occasionali per sentire gli interlocutori lamentarsi d’aver subìto furti e danneggiamenti. Tra i Paesi civili, l’Italia è il più incivile quanto a tutela della proprietà, privata e pubblica. Da tempo immemorabile le statistiche sono assoggettate alla “legge di Trilussa”, lo sappiamo. Anche Alfano la applica per abbassare il livello di pericolosità del reato. Si serve della matematica come di un’opinione. Infatti, il ministro si riferisce ai furti denunciati, cioè a quelli per i quali il derubato si è preso la briga di recarsi presso un ufficio di polizia e di segnalarli all’autorità giudiziaria. Ma le denunce diventano sempre meno perché il cittadino ne constata l’inutilità: non servono a catturare il ladro che, le rare volte identificato, difficilmente subisce una sentenza definitiva e, se condannato, quasi mai finisce in galera. Il ladro molte volte non sconta la pena neppure se preso in flagranza. Tanto è vero che, subito dopo una condanna, continua a rubare come se niente fosse.
Nonostante tale vergogna, al danno individuale e sociale si aggiunge la beffa. Per effetto della eufemizzazione della lingua italiana, i furti, gli scippi, e simili, vengono catalogati sotto il nome di microcriminalità, mentre essi sono reati minimi soltanto per la statistica giudiziaria e per il dibattito politico, non per il poveraccio che li subisce. Anzi, pare che in Italia la legge penale riguardi solo la mafia e i crimini di sangue, visto che tutti gli altri reati passano in second’ordine. Li possiamo chiamare “fatti costituenti diversamente reati”? E i ladri “diversamente delinquenti”? Il Governo brancola penosamente nel buio: non conosce il numero dei furti perpetrati; non conosce il numero dei furti accertati; non conosce la percentuale dei secondi sui primi. Di che si vanta? Dovrebbe provare vergogna e chiedere perdono agli Italiani lasciati vivere in un clima di paura, insicuri della casa e dei beni. Il Governo non considera affatto, sconosce addirittura nella sua piccineria politica, la violenza morale e materiale insita nel sottrarre clandestinamente con la forza o la destrezza o l’astuzia le cose di un proprietario. Addirittura il Governo, nei fatti, dimostra di disprezzare il dolore dei derubati che vengono trattati come importuni negli uffici dove vanno a reclamare la sacrosanta protezione loro dovuta dallo Stato. Ma lo Stato è, quanto a questo, un’ameba! I governanti sono, quanto a questo, degli ignoranti. La legge è uguale per tutti, per la vittima di un criminale efferato e per le vittime dei ladruncoli di strada. Trincerarsi dietro la scusa di non poter perseguire l’uno e gli altri, costituisce una dichiarazione d’impotenza e fallimento. Ma lo Stato non può dichiaralo, neppure implicitamente. I ladri lo sanno fin troppo bene.
Pietro Di Muccio de Quattro (L’Opinione)
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