Dedicato ai non vedenti: arriva l’applicazione per “vedere”

Scienza e Salute

Milano 13 Marzo – C’è un posto in California dove “rubano” le migliori intelligenze in giro per il mondo, le selezionano in base al talento e gli offrono la possibilità di sviluppare le loro idee, unendo i mezzi – la tecnologia, lo studio sull’intelligenza artificiale – ad uno scopo: migliorare le condizioni umane. In questo luogo, la Singularity University, un ricercatore italiano, Alberto Rizzoli, 22 anni, assieme a due colleghi un po’ più grandi, Marita Cheng e Simon Edwardsson di 27, si è inventato Aipoly, una applicazione da smartphone per “far vedere i ciechi”. Mattarella lo ha voluto incontrare in questi giorni, la star Andrea Bocelli si era già incuriosita al suo progetto e noi de “Il Tempo” lo abbiamo intervistato.

Rizzoli, cos’è Aipoly Vision?

«Oggi un cane guida per ciechi costa 50mila dollari, tra istruzione e acquisto, ed impiega 18 mesi di tempo per essere addestrato. Con l’Intelligenza artificiale tutto è più semplice, economico e veloce: ne crei una e la mandi ai telefoni smartphone in tutto il mondo. La scarichi dall’app store. I non vedenti possono usare il voice over.aipoly-app-iphone-video

Si tratta di una interfaccia attraverso un unico stato. Il sistema usa come interfaccia audio, il video, che con telecamera parlante ti spiega dove sei. Basta sventolare il telefono davanti a oggetti o luoghi per sapere cosa sono e dove ci troviamo. Oggi la versione disponibile ha 1000 oggetti e 900 colori. Ma come ricercatori stiamo lavorando ad una nuova versione, che sarà pronta entro un mese e mezzo, ed avrà anche la capacità di leggere. E sarà venti volte più precisa di quella attuale».

Perché avete scelto di farla per gli smartphone?

«Abbiamo creato un sistema attraverso l’intelligenza artificiale. Sullo smartphone del non vedente arriva la foto e l’applicazione la spiega. Abbiamo scelto i telefonini, perché tutti oggi hanno uno smartphone, con telecamera e processore. Anche le persone non ricche. Vede oggi nel mondo ci sono 285 milioni di ciechi e di questi l’80% versa in condizioni molto povere, spesso relative alla realtà dei paesi di appartenenza. E pensi che una buona parte di questi sarebbe curabile. Abbiamo poi una parte della popolazione, soprattutto in Occidente, che sta invecchiando, e va incontro ad una cecità legata all’età. Si calcola che i casi di cecità dovrebbero raddoppiare da qui al 2030. Abbiamo creato questa tecnologia per gli smartphone per aiutare più persone possibile».

Come l’ha scovata la Singularity University?

«Alla Singularity ogni anno si rubano due persone da ogni paese. Le scelgono attraverso i campi di ricerca dove eccellono. Marida Cheng arriva dalla robotica, io attraverso la mia start up sulle stampanti 3D. Ad ogni talento Google paga 30mila dollari di borsa di studio per il corso di alcuni mesi».

Che fate al corso?

«Stai chiuso in una full immersion di due mesi e mezzo, in questa base NASA, a studiare sistemi ed incontrare ricercatori della Silicon Valley ed imprenditori».

La vostra scoperta sarebbe stata possibile in Italia?

«In Italia penso di no».

Perché?

«Perché in Italia poche persone non hanno paura delle tecnologie avanzate. E per poter credere nella tecnologia con l’intelligenza artificiale o nella robotica, bisogna avere investitori che diano fiducia. Negli Usa ti incoraggiano. Un esempio. Google ha pagato oltre 400 milioni di dollari per la tecnologia Deep Mind (realizzata da giovani under 30), una intelligenza artificiale che batte gli esseri umani ai giochi».

Cosa le ha detto Mattarella quando l’ha incontrata?

«Ci ha detto grazie per averla resa disponibile gratuitamente ai non vedenti. Stiamo cercando un supporto filantropico per mantenerla gratuita anche nei prossimi anni».

Come è nata l’idea di lavorare ad una applicazione per “far vedere” i ciechi?

«Eravamo a Singularity University, dove ci sono due filoni di ricerca. La prima nell’utilizzare tecnologie che crescono in maniera esponenziale, la seconda che aiutino le persone in nove grandi problemi del mondo: povertà, accesso all’acqua, cibo, educazione, sicurezza, disastri naturali, malattie, spazio, energia».

Ora di cosa avete bisogno?

«Di tre cose. Fondi, 95mila dollari per implementare la ricerca. Dell’aiuto di utenti vedenti che collaborino all’ampliare le 1000 parole conosciute dall’applicazione insegnandole i nomi di nuovi oggetti associati a foto. Ed infine della collaborazione di persone o associazioni di non vedenti che ci comunicano come migliorare l’applicazione. Perché la ricerca non si ferma mai».

Massimiliano Lenzi (Il Tempo)

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