Milano 16 Marzo – La storia dell’abolizione della festa del Papà in un asilo Milanese è molto strana. Soprattutto perché sostituita da una serie di lavoretti etnici. La motivazione, quella di non ferire i fantomatici figli di coppie gay è abbastanza campata per aria. Ma la smentita non convince, si parla di strumentalizzazione. Ma non si fornisce una versione credibile alternativa. Quella ufficiale è che siano delle educatrici, autonomamente, a decidere. Il che, per chiunque conosca anche solo un minimo la macchina della scuola pubblica, è quanto meno difficile. Però un’altra versione non c’è, non viene fornita. E non la si fornisce perché farlo sarebbe peggio. Dove sono nato io si dice che xè pezo el tacon del sbrego, la toppa è peggio del buco. Analizzando la cosa abbiamo due elementi, la rimozione della famiglia (sarebbe davvero strano festeggiare la mamma a questo punto) da una parte e l’introduzione di un elemento totalmente estraneo, i lavoretti etnici dall’altra. Non lavori su famiglie allargate, mercato dei figli e quant’altro il gender ci abbia regalato in questi anni. No. Lavoretti etnici. Perchè? La mia teoria è un po’ complessa ed esclude che dal Comune siano arrivati ordini. Le educatrici non hanno agito sole, ma non ci sono nemmeno mandanti, occulti o meno. Peggio. C’è quello che si suol definire un clima. È un sentimento comune a molti, che nasce in risposta ad eventi traumatici ed è comune, anche se magari a livello inconscio, a molti. Questo clima sono gli ultimi giorni della Rivoluzione Arancione. Vada come vada, vinca chi vinca, a Luglio Milano tornerà la Milano produttiva, efficiente, moderata e di buon senso che è stata per gran parte della sua storia. E questo per pura volontà popolare. Non ci sarà dietro alcun nemico oscuro, alcun colpo di mano ed alcuna trama nera. Persino a sinistra il vento nuovo ha lasciato il posto alla solita brezza. Tutti noi ne gioiamo, ma tutti noi non siamo reduci. Qui si parla di veterani. Di una guerra invisibile a tutti, meno che a loro. Don Chisciotte tutti quanti, in spasmodica carica contro i mulini a vento. Felici dell’ebbrezza della caccia al gigante. Ed oggi orfani del loro condottiero, della loro guerra e persino del loro nemico. Queste persone, oggi, devono lentamente tornare alla realtà. Devono. Dovrebbero. Per il bene loro e di chi gli sta attorno, ma ovviamente è difficile. Per loro Milano è bellissima. Il degrado non esiste. La criminalità neppure. Tutto è pulito. Fresco. Non vedono i nomadi di via Idro e non vedono il disastro di via Rizzoli. Non vedono i morti in via Lattanzio o il degrado in Zona 9. No no, per loro Milano è una grande Greco. Perfetta ed intoccabile.
Ecco, queste educatrici, a mio modesto avviso, hanno una sindrome da abbandono. E aboliscono la festa del Papà perché è quello che la loro Milano utopica avrebbe dovuto fare. Il Papà è il genitore due e non va festeggiato perché discrimina. Chi, è irrilevante. Ma discrimina. E fanno fare un sacco di lavoretti etnici perché dopo non sarà più concesso. È il Gottendamerung. Dopo sarà tutto finito. Dopo non ci sarà un dopo. Così si accomiatano dalla loro Milano favolistica facendo fare lavoretti etnici. Immaginiamo con lacrime represse e volti scuri. Poveri bambini. Loro non conosceranno mai la Milano meticcia e partecipata. Le case per i Rom. L’inclusione a tutti i costi. Gli sfratti a le Voloire. Il blocco degli sgomberi.
Ecco, tutto questo sarebbe commovente se non fosse ridicolo. E chiunque possa farti credere cose ridicole può farti commettere cose atroci. In questo caso, ovviamente, non si andrà così in là, ma di sicuro siamo di fronte ad un gruppo che avvelenerà i pozzi. Stiamo tutti attenti e vigiliamo. L’ora più buia è quella che precede l’alba.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,