Milano 18 Marzo – La stranezza dei corsi e ricorsi storici che accomuna oggi, con ruoli diversi, due personalità politiche che hanno fatto grande Milano. Ieri il sindaco Albertini e il suo uomo di fiducia Stefano Parisi, oggi ancora insieme e sempre in profonda sintonia, Parisi candidato Sindaco e Albertini numero uno della lista civica che lo sostiene. Hanno lavorato insieme, hanno condiviso entusiasmi per una città che doveva superare l’immobilismo di Formentini, che doveva svilupparsi in verticale, che aveva bisogno di innovazione e di una sferzata ricostituente di saper fare. Una città, allora, ferma, bloccata dalle note vicende di Tangentopoli, senza luce, nell’oscurantismo di una paura che dominava intenzioni ed azioni. Albertini scrisse “La nostra amministrazione si era basata su due elementi, che erano quelli che chiedeva la città dopo i pregressi casi: una grande onestà e lealtà nei riguardi delle istituzioni e una forte volontà realizzativa. La “politica del fare” voleva dire: fare per davvero e fare onestamente. E noi è questo che abbiamo offerto a Milano. Tutto ciò sulla base dei valori della legalità e della meritocrazia che abbiamo introdotto nella macchina comunale con la riforma Ermolli-Parisi, che impiegò due anni per essere organizzata e implementata, dalla cultura della procedura a quella del risultato.” Quella politica del “fare” che è mancata totalmente alla Giunta Pisapia, abbagliata da ideologie preconcette che non sanno guardare la realtà, che hanno danneggiato lo sviluppo di Milano, che hanno, per motivi diversi, ma altrettanto deleteri, immobilizzato Milano. Per una incapacità progettuale di ampio respiro, per una litigiosità sempre sotto traccia, per mancanza di lungimiranza, per quel “guardare altrove” che è astratta volontà di un’inclusione sociale, al di là del bene dei milanesi. Albertini e Parisi, in perfetta sintonia, credevano nella sinergia tra le varie categorie della società civile, credevano nella sinergia pubblico-privato: gli Stati Generali fu il momento di massima vivacità culturale e produttiva. Fu un momento di ascolto, di sintesi, per ripensare Milano. Con la collaborazione di tutti coloro che avevano nel cuore la rinascita della città. Parisi ha più volte evocato quel momento come primo atto del suo mandato. Pisapia ha contrapposto all’ascolto e ad un’operosità sinergica, un’azione amministrativa impositiva, privilegiando categorie, creando divisioni, incurante delle tante voci di protesta dei cittadini. Per salvaguardare ottuse convinzioni preconcette, per agevolare gli amici o gli amici degli amici, per custodire i voti di un elettorato allo sbando.
Questa Milano che ci viene consegnata da un’amministrazione inefficiente, ha bisogno, ancora una volta, di una grande forza realizzativa, con una visione che sappia utilizzare le numerose potenzialità presenti nella città, per poter rinascere e creare sviluppo.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano