Teatro Dal Verme: la genialità di Martha Argerich in concerto

Cultura e spettacolo

Milano 18 Marzo – Al Teatro Dal Verme oggi c’è Martha Argerich. Per dire talento, genialità, musica classica. Un evento per Milano che ospita forse la più grande pianista vivente. Una persona libera, un temperamento libero, un talento indiscutibile. Con l’anima che traspare in ogni esecuzione, con le contraddizione della sua personale esperienza di vita, con una tecnica che supporta le sue inquietudini di interprete.

Biografia tratta da Repubblica “Non si può suonare se non si vive, anche se si può vivere senza suonare” ha detto più volte, parafrasando se stessa (“amo suonare il pianoforte ma detesto essere pianista”) e mitigando la riflessione con sguardo sornione e fascinoso: premessa a una delle sue tipiche risate interrogative. A due anni e otto mesi aveva già le mani sulla tastiera, a cinque suonava in pubblico: il primo gioco consapevole di Martha Argerich fu il pianoforte. Forse per questo suonarlo, da sola oppure con amici come fa oggi, dopo avere volontariamente – e con serenità – rinunciato ai recital solistici, non è che un gioco. Serio, faticoso talvolta, legato alla necessità di stare di fronte al pubblico e sotto i riflettori, ma sempre divertimento e gioia, passione e straordinario mezzo per parlare agli ascoltatori. Il sorriso eterno e velato di Martha – “Martita” in famiglia e tra amici – c’è nelle prime fotografie scattate a Buenos Aires (dov’è nata il 5 giugno 1941) e non è cambiato. Anche dopo la malattia che l’ha costretta a mesi di forzata assenza dal palcoscenico a cavallo del millennio; anche oggi che i capelli sono bianchi, ma tenuti provocatoriamente lunghi e vagamente selvaggi come si conviene a una fattucchiera incantatrice d’altri tempi. Quando la ascoltò bambina a Buenos Aires, il grande didatta italiano Vincenzo Scaramuzza capì che un’allieva del genere andava solo orientata: aveva già tutto dentro. Istinto protagonistico, poesia, strumentalità vivida: un’artista fatta. Se ne accorse Friedrich Gulda che a Vienna, dov’era arrivata nel 1955 con una borsa di studio, la prese nel suo unico corso di perfezionamento. In seguito Bruno Seidlhofer, Stefan Askenase, Arturo Benedetti Michelangeli, Madame Lipatti e Nikita Magaloff la forgiarono in modo definitivo. Adolescente, nel giro di qualche mese prese parte a due Concorsi (l’International Music Competition di Ginevra e il “Busoni” di Bolzano) onorando l’albo d’oro di entrambi con la vittoria. 1957: era la prima volta che a una ragazza – per di più solare e affascinante, come dimostra la schiera di compagni-colleghi illustri che da allora scandisce la sua vita e segna la carriera – si imponeva senza lasciar dubbi. Col vecchio continente ai piedi, una serie di concerti da capogiro, Martha andò in crisi. Ne uscì ricominciando a studiare: fino a vincere – a 24anni, sfidando se stessa e rimettendo in gioco la fama già ottenuta – il Concorso Chopin di Varsavia del 1965. Da allora il nome di Martha Argerich, che da qualche anno risiede a Bruxelles, è sinonimo di pianismo al calor bianco, di carisma esecutivo avvincente, di emozioni musicali che travalicano a volte lo squisito dato stilistico e fanno perdonare certe scelte di repertorio (soprattutto in quello per due pianoforti esplorato tra gli altri con Nelson Freire, Stephen Bishop-Kovacevich, Nicolas Economou e Alexandre Rabinovitch) o l’estrema prudenza nell’affrontare Mozart – “non ho la tecnica adatta”, si scherniva qualche anno fa – e la rinuncia all’integrale sonatistica di Beethoven. Negli ultimi anni ha creato numerose occasioni musicali per amici e pupilli: il giapponese Beppu Festival, l’International Piano Competition and Festival Martha Argerich (fondato nel 1999 a Buenos Aires), il Progetto Martha Argerich (dal 2002 a Lugano, dove ha trovato il clima artistico e umano adatto), in cui suona nella formazioni più eccentriche, chiamando attorno a sé amici antichi ma anche patrocinando giovani talenti con generosità e gioia contagiosa.”

Questa sera illuminerà il Teatro Dal Verme con il concerto   Il genio è donna, con il violoncellista Misha Miasky. In scaletta, musiche di Schubert (Sonata in la minore per violoncello e pianoforte D 821 – Arpeggione), Beethoven (Sonata in sol minore per violoncello e pianoforte op. 5 n. 2) e Franck (Sonata in la maggiore per violoncello e pianoforte).

Milano Post

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