“L’Effetto  via Prè “ in viale Padova, Darsena, Ticinese, via Gola: parlano gli spacciatori senegalesi

Cronaca

Di Claudio Bernieri

Milano 30 Marzo – Sono tanti, gli elettori senegalesi, i capibastone africani, i picciotti nigeriani che si stanno organizzando a Milano.

«Facciamo come i cinesi” dice Sall in viale Papiniano.”Facciamoci sentire, dobbiamo contare di più.  A Genova siamo una potenza. Anzi, facciamo come in via Pré, dove abbiamo scalzato i rumeni, facciamo come i fratelli Fall e M’backe, Dio li abbia in gloria, inshallah “,  spiega  Diop, immerso tra una montagna di borse false. Sono venditori abusivi senegalesi, ivoriani e ghanesi. Il sogno dei boss della mala africana di Genova in trasferta a Milano, Sall e Diop, è quello di esportare il racket che ormai ha estromesso la mala napoletana a Genova. Un sistema che si sta espandendo anche in Lombardia. E Sall e Diop sono venuti a Milano, tra i banchetti del mercato di Papianiano, per convincere i fratelli musulmani senegalesi a investire in un commercio più sostanzioso. Che si chiama crack, la micidiale droga letale che assicura altissimi profitti.

I senegalesi del crimine nei vicoli di Genova ormai hanno imparato ogni trucco per beffare il sindaco e le sue  “grida”, del tutto inefficaci.

Il commercio abusivo prospera, i senegalesi chiedono il pizzo agli automobilisti che parcheggiano in visita all’Acquario, e se non incassano una offerta rigano le auto.

Per capire come agisce la mafia nigeriana e senegalese il quotidiano Secolo XIX, foglio  della piccola repubblica buonista  genovese, ha infranto il silenzio imposto dalla  Stampa, proprietaria del giornale, e ha raccontato, pur tra cauti omissis e i distinguo per non allarmare il direttore politically correct, cosa avviene nel centro storico genovese. Che fa da modello a quello che succederà presto in viale Padova, alle Colonne di San Lorenzo, in Via Emilio Gola e alla Darsena. Tutto parte dal commercio abusivo.

I report di carabinieri e polizia genovese parlano chiaro, confermando quella che non è solo una percezione “empirica” dopo una semplice passeggiata nella città vecchia: «La mala senegalese sta prendendo campo. Non sono più solo quelli che vendono gli ombrelli agli angoli delle strade», conferma un investigatore dell’Arma.

 - Via Pré -
              –   Via Pré   –

Racconta così un cronista del Secolo che  nel mirino c’è un’area che spesso è stata sinonimo di criminalità, via Prè un tempo feudo napoletano, dove Francesco Fucci detto “Mano ‘e pece” era il re, e sua moglie Carmela Ferro soprannominata “Marechiaro” la regina. C’erano bische e prostituzione, un tempo. «Criminali sì ma galantuomini» raccontano gli storici osservatori dei vicoli, forse con la memoria un po’ deformata dalla nostalgia. Oggi Fall, Diop, M’backe e Sall, i boss senegalesi,  comandano in  quella zona e sono pronti ad esportare a Milano il loro sistema criminale.

Eccoli  tra le bancarelle del falso in Papiniano.

Di pochi mesi fa, a Genova, la aggressione mortale del racket senegalese in vico dei Biscotti. Tre pusher senegalesi hanno tagliato la gola a un piccolo spacciatori algerino, trovato a vendere palline di cocaina nella loro zona. Quel delitto è nato in via Prè, registrando il suo epilogo altrove. E i senegalesi i mezzi per diventare grandi e spietati, ed essere i nuovi re dei vicoli li hanno davvero, spiega Diop. Il capitale è nel commercio abusivo dei marchi contraffatti.

E’ questo il messaggio che il racket africano esporta a Milano. I capibastone senegalesi possiedono ingenti quantità di denaro – derivate dal mercato dei capi contraffatti – sono compatti, si proteggono l’uno con l’altro e hanno ruoli ben definiti nella loro organizzazione, che tocca molte città. Una rete che da Genova va a Rapallo, poi arriva a Milano, Varese, Torino. Contano su illustri equivoci storici. La sinistra, la charitas, certi parroci di frontiera, le dame dell’accoglienza, che  deprecano la repressione del traffico dei marchi contraffatti. Diversi dai nordafricani – algerini, tunisini e marocchini – e dai pakistani, che si scannano per il possesso di pochi metri quadrati di marciapiede su cui spacciare, i senegalesi  sono disciplinati come picciotti calabresi e si stanno espandendo in tutto il nord Italia.

Ed ecco il piano che presto verrà attuato anche a Milano.

La prima parte ha già avuto successo in via Prè -luogo storico dello spaccio genovese- : osservandola da Principe, quindi compresa tra piazza della Commenda fino a vico Dora, i senegalesi se la sono presa due anni e mezzo fa, raccontano allibiti i cronisti del Secolo. Quella zona era stata per anni delle pandillas (bande) sudamericane. Netas e Latin King ne avevano fatto il terreno di caccia: risse, aggressioni, rapine.

Un po’ come avviene a Milano in viale Padova. Poi il vento è cambiato. E Fall, Diop, M’backe e Sall hanno iniziato a fare pressione, a imporre la loro presenza. Forti di quel mercato dei capi falsi tollerato dal sindaco, dai sindacati, dalla chiesa terzomondista. E alla fine i sudamericani se ne sono andati, emigrando a Sampierdarena.

Così è finito tutto nelle mani dei senegalesi. Che non hanno perso tempo e si sono messi subito in affari. Hanno puntato diritto al mercato della droga, imponendo un novità: quantitativi più bassi per le dosi rigorosamente in “palline” – da 0,2 a 0,4 grammi – e prezzi più modici. Risultato: affari d’oro. Le vendite vanno a gonfie vele. Ora si punta sul primo mercato milanese: alle Colonne di san Lorenzo, zona elettorale della sinistra antagonista. Qui si svolge il mercato del crack; a Genova, i senegalesi hanno anche ritagliato un’area, da vico Primo Scalo a vico Dora, dove viene piazzato questo stupefacente ancora più pericoloso dell’eroina: il crack, spesso diffuso tra i giovanissimi.

Diversificare il mercato. Palline e crack.

Ecco dunque il volano: il capitale che nasce dai marchi contraffatti. Investire i ricavati  del commercio abusivo di borse e ombrelli  nel traffico  di droga, eliminando se è il caso-senza tanti complimenti- gli spacciatori avversari di altre bande.

E a Genova, la città dove Diop è diventato un affermato mafioso, che cosa succede? La gente del porto, tradizionalmente  a sinistra nel voto,  ha paura, ha spostato il proprio consenso elettorale: “il sindaco Doria non ha mai voluto vedere che il commercio abusivo, i posteggiatori abusivi, i rifugiati- mendicanti (questa mattina  tra Galleria Mazzini e la Coop di Piccapietra ne ho contati 6) non erano/sono che il primo “timido” tentativo per capire fino a dove poteva estendersi l’ illegalità impunemente. Per contrastarla Doria offre pistolotti moralistici e pranzi multietnici. Questa non è la città in cui io vorrei vivere” racconta un negoziante di via Prè.

Una pensionata del centro storico : “Ecco lo specchio del fallimento di azioni mai intraprese, di un lassismo, di un buonismo portati all’eccesso forse anche per questioni politiche, una vergogna inaudita che porterà questa città ad uno sfacelo costante nel tempo. Genova come Detroit. E saranno i cittadini a pagare tutto, lo stanno già facendo”.

Un negoziante (avevo votato Sel, racconta) ora si confessa nei vicoli intorno alla via Aurea, dove riluce il palazzo Tursi, sede della giunta ultra buonista del marchese rosso Doria: e appare sfiduciato e impaurito. “Sono i bei risultati dell´accoglienza tanto caldeggiata dai vari Boldrini & compagnia cantante, e secondo loro, ancora agli inizi, dal momento che auspicano milioni di arrivi di questi “profughi”. Cosí tutto va bene….per le tasche degli “accoglienti” delle Caritas e delle Coop”.

Un discorso politicamente scorretto, ma ormai tardo. Tutto il centro storico genovese è in mano alla malavita africana. Ora toccherà  a Milano? Fratello Diop si frega le mani, tra i vu cumprà del mercato di viale Papiniano.

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