Milano 3 Aprile – Che sia digitale terrestre o paytv, i nuovi canali di intrattenimento-realtà (Real Time, Lei, La 7d, La 5 etc.) prevedono praticamente a qualsiasi orario programmi sul matrimonio. L’offerta è vasta e variegata: va dai format dai risvolti più comici, come quelli che prevedono il confronto tra più cerimonie con finale proclamazione della vincitrice, o mettono alle prese con l’elefantiaca organizzazione dell’evento un solo membro della coppia, a quelli più istituzionali, con esperti wedding planners, o più personali, in cui gli sposi commentano insieme l’equivalente del filmino delle nozze. Dal momento che fenomeni televisivi di questa portata difficilmente rimangono solo sullo schermo, in parallelo l’argomento impazza in edicola con le riviste Sposa in bella vista, in libreria con i manuali dei professionisti di stile e gestione eventi, sul web con i siti e blog appositamente dedicati al tema, sui social con fotografie sceniche; in ogni spazio culturale e persino in alcune catene di abbigliamento low cost, dove si è iniziato a produrre sempre più linee sposa-damigelle a prezzo sostenibile.
Il pubblico femminile, si sa, è determinante a stabilire la direzione delle tendenze. I pubblicitari e i direttori lo sanno ancora meglio, che è quello che, con le proprie scelte di consumo, decreta davvero il successo di qualcosa: sia televisivo, editoriale, commerciale. E sicuramente toccare il tasto del “giorno più bello della vita” è una mossa astuta e di indubbio richiamo. Anche tra donne contemporanee, che dovrebbero (almeno in parte) aver preso le distanze dalla favola, non fosse altro che come naturale conseguenza delle mutate condizioni sociali: aumento dei divorzi, divorzio breve, convivenze (a breve tutelate legalmente), e un sistema in generale che, da una quarantina d’anni, pian piano le ha “liberate” dalla scelta obbligata del matrimonio, in quanto unico istituto che garantisse potestà sui figli, mantenimento economico ma soprattutto rispetto e dignità sociale.
Insomma, a rigor di logica il matrimonio, specialmente in pompa magna, per la maggioranza della popolazione femminile dovrebbe essere un optional -e anche piuttosto obsoleto. Invece se ne parla ovunque, vengono organizzati e curati in ogni minimo dettaglio, si celebrano nel vero senso del termine: potranno anche essere diminuiti rispetto a un tempo per i motivi appena citati, ma non stanno affatto sparendo o diminuendo di importanza, anzi. Potremmo dire che sono più “di qualità”.
Il punto sta nella questione della libera scelta. Da quando il matrimonio tradizionale è slittato da dovere sociale a decisione personale, si è fatto di conseguenza personalizzabile e meno solenne. Da qui, le infinite declinazioni delle cerimonie che si vedono in tv, in rete e sulla carta stampata: country, a piedi nudi, all’americana sul prato, in riva al mare, in barca, hippy, vintage, a tema, chilometro zero, vegano, e così via. Resiste ovviamente ancora la formula classica, talvolta anche volutamente iper-classica ad esempio con insistenti richiami alla tradizione del luogo che ospita le nozze: menu interamente tipico, spettacoli folkloristici con performers professionisti, costumi appositi. Come abbiamo detto, dipende tutto da quel “volutamente”: è diventato un evento non solo socialmente ma soprattutto personalmente rilevante nella vita di una persona, quindi è necessario che ne rispecchi l’estro, il gusto, la storia, la particolarità.
E, altra importante conseguenza di questo slittamento a scelta personale è che, per quanto non manchino certo i casi di leggerezza, per le singole coscienze degli individui l’obsoleto cerimoniale si è arricchito di nuovo significato, di un’importanza diversa e realmente sentita. Così si adatta al cambiamento dei tempi, caratterizzandosi sempre più come una scelta in piena autonomia, e non più guidata da pesanti condizionamenti esterni.
Francesca Del Boca
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